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Eder, un nome, il richiamo di un suono

Sul palco varie sfaccettature di vita. Immersi dentro la biografia di una ragazza di altri tempi, nata e vissuta in un piccolo paese di provincia. Lo scalpore di una ragazza madre...

 Minuziosi gli spazi per raccontarsi. Versa-
 tili. Si muovono con le luci. Una storia, una
 vita. Tra passato e presente la mentalità di
 una ragazza per bene si amalgama in una
 società che non proprio le si addice. Sogna.
 Spera.

 Sul palco varie sfaccettature di vita. Immersi dentro la biografia di una ragazza di altri tempi, nata e vissuta in un piccolo paese di provincia. Lo scalpore di una ragazza madre, la quale ha deciso di mandare avanti una gravidanza e far nascere la sua bimba, scelta azzardata rispetto a mentalità non proprio moderne.Eder Speranza, figlia di Anna. Figlia unica, senza padre. Alla sua ricerca. Mancanze.

Eder. Il suono è un richiamo a Ether Parisi, soubrette degli anni ’80 che in TV spopolava con i suoi balli e le sue canzoni.
All’anagrafe è difficile registrare un nome particolare che si finisce per storpiare in Edera.
Gli invisibili personaggi che fanno parte della vita di Eder vengono presi per mano dall’attrice Teresa Del Vecchio. All’interno di tre spazi, due sedie, due tavoli e un divano, i compagni di viaggio sono ben resi vitali e nominati uno a uno, grazie alla maestria del tono di voce per identificarli, modulazione, lavoro di dizione ardito.

Il dialetto napoletano dà la possibilità di raccontare in modo ironico le vicende che si intersecano tra passato e presente. Gli incontri, i dialoghi, i racconti. Insieme che denota ricordi di infanzia e i suoni tutti, fino alla fine.

Con sarcasmo sottile il filo conduttore, pieno di idee stereotipate, appare lineare e scorrevole.
Il nome è importante, è la nostra identità.
All’interno di una speranza. Quella di evadere da una piccola cittadina, di vivere l’amore, quello giusto e del desiderio di famiglia. Un treno, via Formia, porta Eder a Roma. Il mito, la Capitale. Il suo viaggio, la sua vita. Il lavoro le permette di conoscere personaggi che lavorano presso Cinecittà, la cui mensa è come un teatro.
Un testo poetico e reale. Il passaggio dalla lira all’euro. Il costo degli affitti e Il grande fratello divampa. Ci si innamora.  Scansione. La lettura che apre la mente, l’attesa del cambio della vita, l’attesa snervante dell’amore, il tempo.
L’emozione espressa come un mare potente di chi ti rapisce l’anima, vestita di rosso, che si mescola al blu, al bianco, al verde e al giallo del gioco di luci. Mediante il sorriso ho trovato lo spettacolo vivace. Altresì i movimenti, di certo, non hanno reso la performance statica e poco di impatto. L’interazione con il pubblico dona un tocco di sguardi illuminanti.

Regia di Giorgio Carosi, scenotecnica a cura di Raffaele Costigliola e le musiche di Piero Di Blasio accompagnano con suono tenue.
Al Teatro Millelire di Roma fino al 28 settembre. Un invito semplice a trascorrere un’ora in compagnia di una vita e un finale da scoprire.

Annalisa Civitelli
26-09-2014

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