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La settimana montaliana: La poesia è al centro

Interazioni, discussioni, racconti e declamazioni poetiche da parte di emergenti, attori e professori messi a confronto sull’opera montaliana e non solo...

 Non è facile parlare di un evento che di per
 se ha coinvolto due fasi del giorno, pome-
 riggio e sera, per una 5 giorni dedicati alla
 poesia, alla fotografia e alla pittura, incen-
 trati su un poeta del novecento italiano,
 Eugenio Montale.

 Interazioni, discussioni, racconti e declama-
 zioni poetiche da parte di emergenti, attori
 e professori messi a confronto sull’opera montaliana e non solo.

Il Teatro le Sedie di Roma (Labaro) dal 1° al 5 ottobre ha offerto al suo pubblico uno spunto interessante verso la poesia, La settimana montaliana, studiata per dare un’idea di percorso che ha indotto a riflettere e a dedicarsi un po’ a quel tempo perduto e lontano.

Peccato non aver potuto assistere tutti i giorni a questa iniziativa, difatti, un pomeriggio della scorsa settimana, il 3 ottobre, mi sono incamminata verso la periferia Sud della Capitale per immergermi nei versi e nell’arte del poeta in questione.

Eugenio Montale, poeta, giornalista e scrittore genovese, fu Premio Nobel nel 1975. Autodidatta, si forma attraverso la letteratura di Dante, Petrarca, Boccaccio e D'Annunzio e le ripetizioni di filosofia da parte della sorella maggiore. Già dal 1919 scrive e si dedica alla scrittura che vedrà pubblicate poche raccolte poetiche. Ossi di Seppia e Le Occasioni le più conosciute. Il messaggio poetico di Montale è di sciuro fonte di indagine sulla condizione esistenziale dell’uomo moderno, sempre alla ricerca di risposte che non potranno mai essere colmate.

Accade un giorno che, attraverso incontri casuali, due persone del quieto nord nei pressi del Garda, il professore di filosofia Pietro Savoldi e l’attore Enrico Papa, entrano in relazione tra loro.
Tramite un progetto ben focalizzato, nasce uno studio su una poesia particolare, Non chiederci la parola. Si analizza il suo concetto e ciò che l’autore voleva esprimere.
Si apre il pomeriggio con la sua piccola e intima conferenza/discussione basata sul presunto agnosticismo di Montale, il quale, si dice, abbia ricercato una certa spiritualità attraverso i suoi versi, benché fosse ateo.

Conferenza pomeridiana e poeti emegenti

La lettura piacevole riguardo il pensiero del Prof. Savoldi circa L’onesto agnosticismo di Montale è durata circa mezzora. Accompagnata da Giuliano Esperati, attore, che si è prestato dando lustro ai versi della poesia analizzata, Non chiederci la parola.

Dalla dissertazione trapela un’oculata osservazione sulla società. L’uomo smarrito e disorientato del suo tempo sembra essere l’ottica moderna, alla ricerca di speranza e salvezza.
Una ricerca su come la società e i pensieri, con riferimenti a autori contemporanei e non, provochi un senso di liberazione da ogni legame con l’altro negando il senso verso responsabilità dalle quali tutti fuggono.
Emerge che, chi vive in modo onesto, in Montale può scoprire delle chiavi per ricevere delle risposte.

Questo momento ha anticipato la presentazione di due poeti emergenti, Andrea Viviani e Alessandra Mattei. Le loro poesie, l’oggi. I volumi sono editi dalla Casa Editrice Ensemble,
nata nel 2011. Il direttore Matteo Chiavarone spiega al pubblico che, con il suo socio, voleva lavorare sul territorio e, per passione comune, sviluppare la loro ricerca direzionata alla poesia, convinto e fermo che essa debba circolare e, scoprire, anche, autori migranti.

Alessandra Mattei ha letto due poesie di Eugenio Montale che in un certo qual modo l’ha influenzata e di certo formata a livello umano. Nuove stanze e La casa dei doganieri, tratte dalla raccolta Le occasioni.
I versi di Alessandra sono meticolosa ricerca di parole, molto articolata e ben pensata, ma che si discosta da un mio sentire caldo, sentito e fatto di percezioni.

Mentre invece Andrea Viviani si presenta con vivacità. Versi sentiti, immaginifici e fatti di associazioni e suoni, convinto che, vivendo la poesia come gioco, ciò che si sente vada scagliato lontano. Si basa tutto sulla scrittura, sentimento che oggi giorno dovrebbe riprendere vita, contestualizzando il momento che si vive, indirizzando l’emozione in elegia per scrivere verso. Sperimenta il linguaggio e la parola, da linguista quale è.

Una discussione vigorosa e interessante in cui sono emerse visioni della realtà fatta di pigrizia e di consumo culturale, fatto di social network e cellulari, dove gli stimoli sono l’antitesi di una ricercatezza personale e costruttiva.

Lo spettacolo,  Io e Montale – Oltre la parola

Scorrono versi nell’aria che portano gli astanti alla rappresentazione nella quale Enrico Papa si trasforma in Montale. Si inizia. Un cappello, una valigetta, una torcia che illumina.
Io e Montale – Oltre la parola prende vita. Presentato da Italo Moscati, con introduzione di Stefania Minnucci, grazie all’organizzazione di Alessio Rizzitiello.

Molte le poesie scelte. Musica, parole e poesie dalle quali emerge una religiosità nascosta del poeta scelto.

La torcia illumina i quadri di Montale pittore. Egli riteneva che la parola è colore con molte possibilità policrome, gradazioni di sfumature e musicali, e di seguito la scelta artistica, quasi imposta, di dipingere con materiali non tradizionali. Con caffè, cappuccino, l’erba del prato per ricavarne il verde, vino bianco e rosso, rossetto, dentifricio e pastelli, sperimentava per seguire il suo sentire, paesaggi dell’anima, riferendosi a Morandi e De Pisis.

Si entra in ascolto. Fuori dal rumore che attanaglia, l’occasione è quella di godere della bellezza della poesia e di ciò che essa trasmette.

Enrico Papa è itinerante nello spazio scenico, all’interno del quale si potrebbe, benissimo, assistere a occhi chiusi per ascoltare uno studio attento sul poeta genovese.
Voce, è guida dei versi. Spicca un’osservazione sul mondo e sulla gente, su ciò che accadeva, sui movimenti e sui gesti.

L’attore racconta un incontro. Mentre si trovava a Budapest, nei sotterranei della metropolitana Cristos attira la sua attenzione. Un musico di strumento a fiato, una tromba, il quale ha suonato nell’orchesta di Goran Bregovic. A seguito del suicidio della ragazza egli non ha saputo reagire alla vita, per poi viverla ai margini. Fece una registrazione della sua musica e la donò a Enrico Papa. Sono l’occasione e la musica, così, si accordano in un momento sublime.

Viscerale e sentito tocca corde emozionali che, a tempo di musica, assaporano la sincronia tra recitazione e suono, fino all’ultima nota.
Ci si rilassa, si immagina, si riflette, soprattutto alla lettura della lettera del Cardinale Martini scritta in occasione dei funerali di Eugenio Montale.

In conclusione Shakespeare. Da La Tempesta un pensiero di Prospero, ...siamo della stessa materia di cui sono fatti i sogni.

All’interno del Teatro ci si dimentica del presente che ci appartiene e si dovrebbe vivere e accogliere con più serenità e energia.

Si chiudono le porte portandosi a casa stimoli che inducono alla scrittura irrefrenabile. Essa non può ne morire ne sopperire. Non si possono incatenare parole e poesia, tramiti per cogliere un vero senso del respiro e di libertà, essendo espressione di se stessi in ogni forma d’arte, semplice e essenziale.

Annalisa Civitelli
10-10-2014

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