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Riforma Rai e Senato, il Pd conta i danni

L’incidente all’indomani della decisione di andare al rinnovo del cda con legge Gasparri. Sinistra dem vota con M5S e FI. Lotti chiarissimo: «Pugnalati alle spalle»

È bufera sul governo. E il Partito democratico conta (nuovamente) i danni, dopo l’ennesima spaccatura registrata in Senato. L’incidente giovedì, quando l’Esecutivo va sotto su un emendamento, riguardante la delega all’esecutivo sul canone Rai, anche per via del mancato appoggio di “Ala”, il neo gruppo dei verdiniani, che passa con un margine di 19 voti. E affonda il governo.

In aula a Palazzo Madama è quindi mancato il ruolo di «stampella» della maggioranza che sarebbe dovuto arrivare dai verdiniani. Un messaggio più che chiaro su quella che sarà la battaglia nei prossimi mesi. Dei dieci della nuova formazione, infatti, in due si accodano ai 18 senatori della minoranza Dem che hanno votato sì all'emendamento. Altri sette disertano. I big del partito però non perdono la calma: Lorenzo Guerini minimizza, sostenendo che «è fisiologico andare sotto su qualche emendamento» e che «se necessario si correggerà alla Camera»; il presidente Pd Matteo Orfini avverte però che «se il dissenso diventa consuetudine» si finisce con «smontare il partito». Per Forza Italia c’è un dato macroscopico: «Verdiniani o non verdiniani la maggioranza non c’è più. Good morning Vietnam-Senato», scrive su twitter Renato Brunetta.

Intanto la Commissione di Vigilanza ha deciso di votare già martedì per l’elezione di sette dei nove membri del cda di competenza della bicamerale con un’accelerazione che ha scatenato lo protesta di M5S. L’accusa è che ci sia un accordo tra Pd e Forza Italia non solo per arrivare alla spartizione dei consiglieri, ma anche per blindare la maggioranza dei due terzi necessaria per il presidente.

31-07-2015

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