Marino si dimette: «20 giorni per ritirarle»
Svolta in serata e la lettera “a romane e romani”: «Mia unica stella polare l’interesse della Capitale. Ora una verifica seria, temo il ritorno di corruzione e mafia»
Ignazio Marino si è dimesso. «Care romane e cari romani - scrive il sindaco con una lettera ai cittadini - ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L’ho fatto avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale d’Italia, della mia città. Quando, poco più di due anni e mezzo fa mi sono candidato a sindaco di Roma l’ho fatto per cambiare Roma, strappando il Campidoglio alla destra che lo aveva preso e per cinque anni maltrattato, infangato sino a consentire l’ingresso di attività criminali anche di tipo mafioso».
«Quella sfida - prosegue Marino - l’abbiamo vinta insieme. In questi due anni ho impostato cambiamenti epocali, ho cambiato un sistema di governo basato sull’acquiescenza alle lobbies, ai poteri anche criminali. Non sapevo – nessuno sapeva – quanto fosse grave la situazione, quanto a fondo fosse arrivata la commistione politico-mafiosa. Questa è la sfida vinta: il sistema corruttivo è stato scoperchiato, i tentacoli oggi sono tagliati, le grandi riforme avviate, i bilanci non sono più in rosso, la città ha ripreso ad attrarre investimenti e a investire». «I risultati, quindi, cominciano a vedersi. Il 5 novembre su mia iniziativa il Comune di Roma sarà parte civile in un processo storico: siamo davanti al giudizio su una vicenda drammatica che ha coinvolto trasversalmente la politica. La città è stata ferita ma, grazie alla stragrande maggioranza dei romani onesti e al lavoro della mia giunta, ha resistito, ha reagito. Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione. Sin dall’inizio c’è stato un lavorio rumoroso nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei romani».
«Questo ha avuto spettatori poco attenti anche tra chi questa esperienza avrebbe dovuto sostenerla. Oggi quest’aggressione arriva al suo culmine. Ho tutta l’intenzione di battere questo attacco e sono convinto che Roma debba andare avanti nel suo cambiamento. Ma esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste condizioni oggi mi appaiono assottigliate se non assenti. Per questo ho compiuto la mia scelta: presento le mie dimissioni. Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni». E ancora: «Non è un’astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche. Questi i motivi e il quadro in cui si inseriscono le mie dimissioni. Nessuno pensi o dica che lo faccio come segnale di debolezza o addirittura di ammissione di colpa per questa squallida e manipolata polemica sulle spese di rappresentanza e i relativi scontrini successivamente alla mia decisione di pubblicarli sul sito del Comune».
«Chi volesse leggerle in questo modo è in cattiva fede. Ma con loro non vale la pena di discutere. Mi importa che i cittadini – tutti, chi mi ha votato come chi no, perché il sindaco è eletto da una parte ma è il sindaco di tutti – comprendano e capiscano che – al di là della mia figura – è dal lavoro che ho impostato che passa il futuro della città. Spero e prego che questo lavoro – in un modo o nell’altro – venga portato avanti, perché non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio», conclude Marino.
La decisione finale, pare al termine, dell'incontro di mercoledì notte tra il premier Matteo Renzi e Matteo Orfini, commissario dem. Alle 12 era convocata una Giunta straordinaria. Il tutto mentre gli organi di stampa online riprendevano la notizia (poi smentita) delle dimissioni in blocco dei consiglieri dem di maggioranza. Mercoledì, in serata, era arrivata la notizia che il sindaco pagherà di tasca sua tutte le spese sostenute con la carta di credito del Comune di Roma e rinuncerà anche alla carta di credito intestata al Comune. «In questi due anni ho speso con la carta di credito messa a mia disposizione dal Comune meno di 20.000 euro per rappresentanza, e li ho spesi nell'interesse della città. E' di questo che mi si accusa? Bene, ho deciso di regalarli tutti di tasca mia a Roma e di non avere più una carta di credito del Comune a mio nome - ha precisato il sindaco Marino dopo le polemiche sulle spese di rappresentanza fatte con al carta di credito del Campidoglio -. Di che cosa si preoccupano oggi i romani - scrive Marino in una nota - Dei rifiuti, dei trasporti pubblici o degli scontrini delle mie cene di lavoro? Ciascuno si dia la sua risposta e sono convinto che la stragrande maggioranza dei cittadini sia interessata ai problemi di Roma. Di questo mi sono occupato anche oggi. Ma non è mia abitudine eludere i problemi e sono stufo di tutte queste polemiche. In questi due anni ho speso con la carta di credito messa a mia disposizione dal Comune meno di 20.000 euro per rappresentanza, e li ho spesi nell'interesse della città».
Com'è noto, poi, è stato aperto un fasciolo in Procura sulla questione delle cene di rappresentanza. Nel mirino delle opposizioni capitoline sono alcuni conti pagati con la carta di credito del Comune, tra cui quella del 26 dicembre: il primo cittadino ne rivendica la legittimità e minaccia querele, Fdi e M5S lo accusano di falso, peculato, abuso d’ufficio. «Non c’è nulla da commentare, si tratta di una non-notizia: aprire un fascicolo a seguito di una denuncia è semplicemente un atto dovuto. Il sindaco ha agito con correttezza e trasparenza». Così in una nota l’assessore alla Legalità e alla Trasparenza, Alfonso Sabella. La Procura ha quindi acquisito gli atti. I pm chiederanno a breve al Campidoglio tutta la documentazione relativa all'utilizzo della carta di credito assegnata al sindaco per il rimborso delle spese di rappresentanza. Il procuratore aggiunto Francesco Caporale e il pm Roberto Felici, titolari del procedimento senza indagati e senza ipotesi di reato, vogliono capire quanto siano fondati gli esposti presentati dalle esposizioni. Al centro dell'indagine anche l'aumento del massimale, da 10 mila a 50 mila euro, del plafond della carta. |