Da Apple 318 milioni di euro al fisco italiano
Accordo con l'Agenzia delle entrate. L’azienda di Cupertino accusata di aver venduto in Italia attraverso una società di consulenza, e aver fatturato poi in Irlanda
318 milioni di euro al fisco italiano. Con questa cifra si chiude l’indagine aperta dall’Agenzia delle entrate, coordinata dal procuratore di Milano Francesco Greco, su Apple. L'inchiesta avrebbe accertato il gap enorme tra le vendite reali in Italia (oltre il miliardo di euro nei sette anni tra il 2008 e il 2013) della casa di Cupertino e i suoi apparenti ricavi, circa 30 milioni di euro.
L’accordo, rivelato dal quotidiano la Repubblica, arriva dopo una contestazione da parte dell’Agenzia delle entrate alla Apple di 880 milioni di euro per Ires evasa negli anni tra il 2008 e il 2013. Il meccanismo era semplice, ed è lo stesso adoperato dalla Apple anche in altri Stati: operante in Italia con la Apple Italia srl, in realtà questa sarebbe stata una società di facciata, una semplice consulente della irlandese Apples sales international, sostituita nel 2012 da Apple distribution international. Sulla carta, Apple Italia avrebbe dovuto svolgere solo consulenza, e infatti le venivano riconosciuti ricavi pari a sostenere i costi di struttura, e niente di più. In sette anni, parliamo di appena 30 milioni di euro a fronte di un miliardo di utili, che finivano in Irlanda, dove Apple pagava aliquote bassissime, grazie ad accordi molto vantaggiosi stretti con il governo locale.
La realtà era però molto diversa: i venditori in Italia avevano un’autonomia gestionale totale, gestendo di fatto l’intero ciclo di vendite. L’inchiesta dell’Agenzia delle entrate puntava proprio a dimostrare che le vendite sono state realizzate e gestite dall’Italia, e che la società irlandese era solo un terminale per i pagamenti, esattamente come avviene per molti altri Paesi. Dove sistematicamente Apple crea società che non hanno residenza fiscale e che fanno confluire il fatturato in Irlanda, evadendo così la più severa tassazione locale. Il meccanismo anomalo però era finito anche nel mirino della Commissione europea. |