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Pd, vicino il divorzio tra la sinistra e Renzi
La rottura sembra ormai inevitabile, forse già lunedì. Secondo alcune ipotes di stampa, Renzi punta alle primarie il 7 maggio e poi elezioni il prossimo settembre
La rottura è ormai vicina. E dopo l'assemblea di domenica, sono gli stessi protagonisti a dirlo neanche troppo velatamente. «Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c'è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un'assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima». Lo affermano Michele Emiliano, Enrico Rossi, Roberto Speranza dopo l'assemblea al Parco dei Principi di Roma dove Renzi ha formalizzato le proprie dimissioni dalla segreteria del Pd.
Doemica, l'ex premier ha lanciato la sfida alla minoranza: «Non chiedetemi di non candidarmi. Peggio della scissione c'è solo il ricatto». «Partiamo dalla parola rispetto - aveva dettoil segretario Renzi iniziando il proprio intervento -. Fuori da qui ci stanno prendendo per matti. La scissione ha le sue ragioni che la ragione non conosce. La nostra responsabilità è verso il Paese e quelli che stanno fuori. Si discuta oggi ma poi ci si rimetta in cammino. Non possiamo stare fermi a discutere al nostro interno. Tutto nasce dal referendum, non c'è dubbio. Ho sbagliato a personalizzare la campagna per il voto ma abbiamo sbagliato anche a personalizzare il dopo-referendum. C'è un prima e c'è un dopo referendum e mi spiace perché mi sento responsabile. C'è una frattura nella politica e nella società con la fuga dei capitali all'estero e in generale è stata una botta per tutto il sistema paese e noi abbiamo la responsabilità di rimetterlo in moto». Anche in Parlamento «si va al rallentatore con settimane di lavoro più corte». «Un partito deve scegliere di rispettarsi sempre e praticare il rispetto verso la comunità di militanti e iscritti che senza chiedere niente passano le serate a organizzare le campagne elettorali e le feste dell'unità e chiedono a noi di rispettarci. In questi mesi il Pd non si è rispettato, ha buttato del tempo, ha bestemmiato il suo tempo, ha perso l'occasione per parlare fuori. Guardiamoci negli occhi rispettandoci e proviamo a capire se esiste lo spazio per immaginare un domani».
«Soffro a sentire la parola scissione - ha detto poi Renzi -. Scissione è una delle parole peggiori, peggio c'è solo la parola ricatto, non è accettabile che si blocchi un partito sulla base dei diktat della minoranza». E ancora: «Non possiamo stare fermi a dire congresso sì, congresso no. Resti agli atti quel che è accaduto in questi due mesi e mezzo. Ho cercato tutti i giorni di raccogliere le proposte degli altri per restare insieme. All'ultima assemblea due amici storici mi hanno preso a male parole per dirmi 'fai un errore'. A quel punto una parte della maggioranza e minoranza ha detto fermiamoci e mi sono fatto carico di non fare il congresso perché pensavo potessimo fare una campagna di ascolto insieme». «È tornata la Prima Repubblica senza la qualità della Prima Repubblica, non riguarda solo il Pd, si stanno scindendo tutti, fratture che il proporzionale fisiologicamente esalta. Parliamo di Italia - arringa Renzi -. Ehi Beppe che bel regalo ti stiamo facendo parlando solo di noi mentre nel M5s ci sono le polizze vita, i capi di gabinetto, mentre esercitate un garantismo ai giorni alterni: quando indagano i vostri garantisti, quando indagano gli altri urlate consegnatevi, confessate. Che pessima immagine sta arrivando fuori di qui» della discussione interna al Pd. Poi l'affondo: «Io non accetto che qualcuno pensi di avere il copyright della parola sinistra. Anche se non canto bandiera rossa penso che il Pd abbia un futuro che non è quello che altri immaginano». Renzi descrive quello in atto nel Pd come «uno scontro di potere».
«Questa è l'ultima assemblea di questo mandato» di segreteria del Pd, «ma non è l'ultima assemblea del Pd. Il Partito democratico è più forte dei destini personali e dei leader, comunque si chiamino. Come comunità il Pd ha un passato, un presente e un futuro», sottolinea ancora Renzi. «Tutti si sentano a casa nel Pd, liberi di discutere ma se in tutte le settimane c'è un'occasione di critica, se per tre anni si è pensato che si stava meglio quando si stava peggio, io non dico che siamo nemici né avversari ma dico 'mettetevi in gioco', non continuate a lamentarvi ma non potete immaginare di chiedere a chi si dimette per fare il congresso di non candidarsi per evitare la scissione, non è una regola democratica». «Avete il diritto di sconfiggerci non di eliminarci. È il punto dell'idea democratica. Ci ho pensato che forse per sistemare questa assurda situazione poteva valere la pena fare un passo indietro. Ci ho pensato sul serio perché mai come in questi due mesi e mezzo siamo stati laici nelle decisioni, abbiamo ascoltato tutti. Ma accettare oggi che si possa dire no a una candidatura, eliminare un problema eliminando una persona, vorrebbe dire che siamo tornati al modello di partito in cui si sta insieme contro qualcuno e non per qualcosa. Noi stiamo insieme per un progetto, per l'Italia. Non accetteremo mai, mai e poi mai di consentire a qualcuno di dire non sei della nostra comunità. Il verbo è venite, non andate. State, partecipate».
Poco prima delle 18 l'annuncio: «L' Assemblea ha formalmente indetto il Congresso, convocherò la Direzione martedì per la nomina della commissione congresso per l'elaborazione delle regole», ha detto il presidente del Pd Matteo Orfini chiudendo i lavori e sciogliendo l'assemblea del Pd.
«Non voglio rinunciare al sogno del Pd solo per l'arroganza, la prepotenza, la non conoscenza della storia di questo paese di chi pensa di cancellare tutto questo con uno schiocco delle dita». Queso invece l'affondo più pesante che era arrivato da Michele Emiliano, nel corso del summit della minoranza Pd alla convention "Rivoluzione socialista" di Enrico Rossi, al Teatro Vittoria di Roma, nel quartiere Testaccio, sabato. Prima dell'inizio dei lavori era arrivato un annuncio via Facebook dello stesso governatore della Puglia: «Ieri ho detto a Renzi che basterebbe fare una conferenza programmatica a maggio e le primarie congressuali a settembre per ricomporre un clima di rispetto reciproco e salvare il PD. Adesso che lo abbiamo convinto a sostenere Gentiloni fino alla fine della legislatura senza fargli brutti scherzi, possiamo darci il tempo di riconciliarci e trovare le ragioni per stare ancora insieme. Questo è il lavoro che deve fare il segretario. Rimettere insieme i cocci di anni difficili per ripartire insieme. Senza questo lavoro le distanze politiche tra noi sono troppo grandi e non basterebbe una conta per evitare anche a breve nuovi dissensi e nuovi rischi di conflitto. Diamoci una possibilità».
All'evento al Vittoria erano presenti, in prima fila, Pier Luigi Bersani, Guglielmo Epifani e Massimo D'Alema. La kermesse è stata organizzata da Rossi con Roberto Speranza e Michele Emiliano appunto. Gianni Cuperlo non ha preso parte all'assemblea. A quanto si apprende, l'ex presidente dem è stato invitato da Enrico Rossi. Sul palco campeggiava la scritta «Democratici socialisti per cambiare l'Italia, la sinistra il Partito democratico».
«Se si pensa di fare un congresso in poche settimane - ha detto il governatore toscano e candidato alla segreteria Enrico Rossi - che non è altro che una conta per riconsegnare la guida del partito al segretario noi non ci stiamo. Il Pd è per sua natura un partito plurale e di centrosinistra, se si pensa di abolire la sinistra o che finisca per non contare nulla la responsabilità della spaccatura ricade su chi non vuole capire». Speranza ha invece annunciato: «Stamattina ho avuto il piacere di un colloquio con Matteo Renzi che mi ha cercato e ho parlato con lui, come giusto sia perché è il segretario. Gli ho chiesto, la vediamo solo noi la scissione che c'è già stata in parte del nostro mondo?». Se non c'è una «presa di consapevolezza» sarà «normale un nuovo inizio». «Se il congresso non è il tentativo di rimettere insieme un mondo ma è solo rivincita o plebiscito a me non interessa entrare». «Se Renzi telefona per dire che lui è d'accordo con quello che gli si propone, sicuramente questo apre un processo politico che porta verso il congresso nei tempi ordinari, normali. Se Renzi vuole tirare dritto per la sua strada è chiaro che noi non possiamo accettare questa prepotenza. Le cose sono chiarissime: la questione è nelle mani del segretario del Pd - afferma D'Alema -. Aspettiamo ora una risposta».
Ma ai due ex leader su Twitter replica David Ermini, parlamentare del Partito Democratico: «Amarezza per toni minoranza PD. A mano tesa del segretario solo insulti e intolleranza. La scissione è il loro progetto....dietro a D'Alema». Ancora più netto è il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini: «Questa mattina toni e parole che nulla hanno a che fare con una comunità che si confronta e discute. Gli ultimatum non sono ricevibili». |
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20-02-2017
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