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Rimpatri di massa, Corte europea contro Roma
La Corte ammette i ricorsi: in 40 furono fermati a Ventimiglia nel 2016 e riportati in Sudan dopo un accordo tra Gabrielli e il capo della polizia di Khartoum
La Corte Europea per i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali (Cedu) ha dichiarato tutti ammissibili i ricorsi, circa una quarantina, presentati dai cittadini sudanesi contro il Governo italiano per il respingimento collettivo che, il 24 agosto 2016, ha dato esecuzione all'accordo tra il Capo della Polizia italiana ed il suo omologo sudanese.
La Corte ha comunicato formalmente i ricorsi al Governo italiano, spiegano dall'Arci che ha reso nota la decisione, ed ha posto dei precisi quesiti per conoscere le modalità dell'espulsione e se siano stati rispettati i diritti e le garanzie previste dalla Convenzione europea. «I cittadini sudanesi - sostiene l'Arci - furono oggetto di una vera e propria “retata” a Ventimiglia, alcuni furono trasportati in condizioni disumane e poi rinchiusi illegittimamente nell' hotspot di Taranto. Quindi vi fu il tentativo di rimpatriarli tutti. Alcuni furono effettivamente riportati in Sudan e 5 di loro incontrarono rappresentanti di Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione) ed Arci che, tra il 19 ed il 22 dicembre 2016, si recarono a Khartoum grazie al supporto di una delegazione di parlamentari europei del gruppo della Sinistra europea. Tutti coloro che non furono rimpatriati hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale in Italia, in quanto soggetti a persecuzioni e discriminazioni nel Paese da cui provenivano. I ricorsi hanno denunciato la violazione di diverse norme della Convenzione Edu e della Convenzione di Ginevra. Il Governo italiano, entro il 30 marzo 2018, dovrà fornire una risposta al proprio operato dinanzi alla Corte europea per i diritti dell'uomo». |
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11-01-2018
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