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May salva: il Parlamento dice no alla sfiducia

All’indomani del catastrofico ko sul suo accordo sulla Brexit, la premier ha incassato 325 voti contro 306 solo grazie al sostegno degli unionisti nordirlandesi

All’indomani della catastrofica sconfitta del suo accordo sulla Brexit, la premier ha incassato 325 voti contro 306 solo grazie al sostegno degli unionisti nordirlandesi del DUP, sui cui 10 deputati è costretta a contare per raggiungere una maggioranza, e a quelli dei ribelli Tories, che martedì erano venuti drammaticamente a mancare.

«Abbiamo il dovere di attuare la Brexit o sarà catastrofico per la democrazia». Questo l'avvertimento che la prima ministra Theresa May aveva inviato ai deputati del Parlamento britannico prima del voto finale sull'accordo con Bruxelles per l'addio definitivo all'Unione. Ma non è bastato: martedì, infatti, l'accordo con l'Ue raggiunto a novembre dalla premier Tory è stato bocciato dalla Camera dei Comuni britannica con 432 no contro 202 sì. La ratifica è stata negata con uno scarto di 239 voti, molto pesante per il governo. Ed è grande ora l'incertezza su cosa potrà accadere alla Gran Bretagna e su quale sarà, a meno che non si arrivi a un nuovo referendum, l'uscita dall'Unione europea.

Dopo la bocciatura, la premier ha detto che il no all'accordo è chiaro, ma che non sono emerse chiaramente altre proposte sul tavolo. E ha insistito, in caso di fiducia, sulla volontà di andare avanti e di continuare a lavorare per attuare la Brexit. «Il Parlamento ha parlato e il governo lo ascolterà. La Camera stasera ha deciso cosa non vuole ma non dice cosa supporta e se intende onorare la volontà del popolo», ha detto il primo ministro dopo la bocciatura. «Prima di procedere dobbiamo determinare se questo governo gode ancora della fiducia del parlamento - ha detto la May - per cui se l'opposizione avanza una mozione di sfiducia questa sera assicuro che il governo la porrà domani all'ordine del giorno». Immediata la risposta del leader laburista che ha dichiarato la sua intenzione di presentare immediatamente la mozione di sfiducia che sarà appunto discussa domani. Corbyn ha parlato di «sconfitta catastrofica» per la May.

«Dopo la bocciatura dell'accordo di ritiro da parte della Camera dei Comuni del Regno Unito ieri sera, spetta ora al governo e al Parlamento britannico di comunicare all'UE dove si trova una maggioranza positiva e che tipo di relazione vogliono con l'Unione europea», hanno sottolineato i deputati da Bruxelles. «L'accordo di ritiro è il miglior e unico compromesso possibile nell'ambito delle ‘linee rosse’ stabilite dal governo britannico», ha sottolineato Michel Barnier, negoziatore capo dell'UE per la Brexit, poiché garantisce la certezza del diritto nei casi in cui la Brexit crea incertezza.

«L'UE non accetterà che gli orientamenti già stabiliti siano indeboliti, in particolare per quanto riguarda il processo di pace e il confine con l'isola d'Irlanda e i diritti dei cittadini», ha poi aggiunto Frans Timmermans per la Commissione europea. Guy Verhofstadt (ALDE, BE), coordinatore Brexit del PE, ha chiesto un dialogo fra i partiti nel Regno Unito al fine di costruire una maggioranza positiva per sbloccare la situazione di stallo ed eventualmente ridefinire le ‘linee rosse’ del Regno Unito. Ha anche sottolineato che una nuova posizione negoziale da parte del Regno Unito potrebbe consentire di prendere in considerazione un rapporto futuro più profondo tra il Regno Unito e l'UE. «Un'uscita senza condizioni non sarebbe nell'interesse di nessuno, concordano i deputati europei. L'UE intensificherà i lavori di preparazione con gli Stati membri e il PE», ha aggiunto Melania Ciot, a nome della presidenza rumena del Consiglio.

La May si era impegnata in un ultimo sforzo per ottenere l'approvazione. Nemmeno la lettera di Donald Tusk e Jean-Claude Juncker, ultimo tentativo di rassicurazione sul cosiddetto backstop, il meccanismo di garanzia vincolante sui confini aperti fra Irlanda e Irlanda del Nord contestatissimo a Belfast e a Westminster, ha rappresentato una svolta. Theresa May però giurava (ancora martedì) di potercela ancora fare ed escludeva di discutere di qualsiasi piano B o rinvio dell'uscita dall'Ue oltre la sempre più incombente scadenza del 29 marzo.
16-01-2019


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