«Crisi epocale, Pil può crollare del 13%»
Così il governatore della Bankitalia Visco nelle sue considerazioni finali ai tempi del coronavirus: «Ripresa sarà lenta, con il Covid rischio aumento disuguaglianze»
«Ce la faremo partendo dai punti di forza di cui qualche volta ci scordiamo; affrontando finalmente le debolezze che qualche volta non vogliamo vedere». Così il governatore della Bankitalia Ignazio Visco nelle sue considerazioni finali ai tempi del coronavirus.
Dice Visco: «Nessuno deve perdere la speranza» neanche di fronte alla crisi del Coronavirus, «una crisi senza precedenti nella storia recente, che mette a dura prova l’organizzazione e la tenuta dell’economia e della società». Parlando da Palazzo Koch, in una sala non affollata di banchieri e autorità come vuole tradizione, ma con appena 40 partecipanti, seduti a distanza di sicurezza, il governatore ha spiegato: «Nel primo trimestre il Pil in Italia ha registrato una flessione dell’ordine del 5%; gli indicatori disponibili ne segnalano una caduta ancora più marcata nel secondo. Le stime citate da Bankitalia — che presenterà le sue previsioni il 5 giugno — sono di un Pil dell’intero 2020 che crolla del 9% nello scenario base, e che precipiterebbe a un drammatico -13% nelle «ipotesi più negative anche se non estreme». Molto dipenderà da quando si potrà tornare all’attività ordinaria. Una quota rilevante della domanda dipenderà dal turismo, che incide per il 5% del Pil e per il 6% dell’occupazione. Ma dalla crisi si uscirà certamente con un debito pubblico più alto e con un aumento delle disuguaglianze, non solo economiche.
Il governatore della Banca d'Italia dà comunque un giudizio positivo sull'azione del governo e su quella delle istituzioni europee, e mantiene una visione comunque non pessimistica. La reazione della Bce, dice, «forte» e «immediata» con il programma di acquisti di titoli di Stato — Bankitalia ne ha acquistati 10 miliardi al mese in più a marzo e aprile — ha consentito di tenere a freno lo spread, che è comunque salito verso quota 300 punti a metà marzo, e «era ieri pari a 185 punti. La sua discesa nelle ultime settimane è confortante; riflette l’azione della politica monetaria e le iniziative europee per il sostegno dell’attività produttiva e il lavoro e per il rilancio degli investimenti. Ma il differenziale è ancora quasi il doppio di quelli di Spagna e Portogallo, su valori che non trovano giustificazione nei fondamentali della nostra economia, che pure sono da consolidare e sui quali dobbiamo costruire». |