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Sole a catinelle, il nuovo film di Checco Zalone

Dal 31 ottobre torna in sala (con record di copie: 1200) l’umorismo, tutto made in Italy, del comico barese nei panni di un papà, un po’ fortunato, un po’ cialtrone

 “Sole a catinelle”, ovvero: ottimismo come se
 (s)piovesse. Checco (Checco Zalone) è un
 sognatore. Diremmo oggi, un pazzo visionario.
 Un uomo che nel bel mezzo della crisi, un bel
 giorno molla tutto e si licenzia, per diventare
 “imprenditore di se stesso”. Per onorare la
 sua giusta “aspirazione” finisce, neanche a
 dirlo, a fare il venditore di aspirapolvere. Il lavoro si dimostra sorprendentemente redditizio, finché, terminati i parenti a cui letteralmente appioppare l’improbabile acquisto, la situazione per lui e la sua famiglia si fa grave. Tanto da ricevere visita dal più temuto degli ospiti indesiderati: Equitalia. E tra una riscossione forzata e l’altra, quel che resta della casa e della famiglia è ben poco.
Ma i guai per lui sembrano appena iniziati. Motore e parte trainante del film è infatti tutto ciò che viene dopo questo non tanto lungo quanto articolato antefatto. Nel bel mezzo della separazione con una moglie ovviamente furiosa (Miriam Dalmazio), e un figlio sballottato qua e là - destino oramai condiviso da buona parte dei figli delle moderne sacre famiglie - il suo problema principale diventerà quello di dover onorare un’incauta promessa fatta mesi prima proprio al suddetto figliolo Nicolò (Robert Dancs), che appena tornato con una sorprendente pagella da 10 e lode, si aspetta una bella e meritata vacanza. Ma cosa gli riserverà l’immediato futuro?

Più medio dell’italiano medio - come d’altronde lo apostrofa anche un regista indipendente alle cui riprese assisteranno i due lungo le loro vicissitudini estive - Checco Zalone si cala perfettamente nel ruolo, tanto da (far) scegliere per il personaggio, il suo stesso nome d’arte. La fusione è dunque totale. E ritroviamo così sullo schermo proprio quell’ironia, quelle risate facili ma genuine, che suscitava sin dai tempi dei suoi esordi nelle vesti di strampalato cantautore. Doppio ruolo in questo caso, che lo vede autore anche delle canzoncine-bambine intonate tra un fotogramma e l’altro.

Un ottimismo involontario e contagioso che porta fortuna al protagonista, diventando così rappresentante (oltre che di aspirapolvere), esattamente di quello stile di vita che tra un siparietto politico e un’apparizione in tv, spesso proprio dai nostri politici ci è stato suggerito. Un modo di vivere, ma soprattutto di sopravvivere, nuovo, altro, leggero… non curante. Insomma una rappresentazione fedele che più fedele non si può della filosofia, tutta italiana, del cavarsela con leggerezza, confidando non nel giusto, ma in uno sconosciuto e generoso destino. D’altronde - come afferma lo stesso regista Gennaro Nunziante - «La nostra ricetta è quella della commedia all’italiana che attingeva dalla realtà. Noi non inventiamo nulla ma siamo attenti a quello che succede per strada», con buona pace nostra, sfortunati contemporanei, e di quei registi come Germi, Monicelli, Risi, De Sica e tanti altri che con il loro occhio critico oltre che (ai tempi) moderno, hanno reso indelebile un momento storico ormai perduto.

Noemi Euticchio
30-10-2013


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