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HER: L’AMORE INFINITO AI TEMPI DEL 2.0

Già presentato in prima mondiale al New York Film Festival e al Festival Internazionale del Film di Roma, e fresco vincitore di un Oscar, il film sarà nelle sale il 13 marzo

 Scritto e diretto da Spike Jonze, creativo e
 versatile autore di titoli sempre di grande im-
 patto e narrazioni intense ed originali come
 “Essere John Malkovich”, “Il ladro di orchi-
 dee”, e “Nel paese delle creature selvagge”,
 la sua ultima produzione dal titolo “Her” - in
 italiano tradotto come: “Lei” - dimostra an-
 cora una volta la sua incredibile freschezza di idee, adattate sempre al meglio alla nostra contemporaneità.
Vincitore infatti del premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale in una delle edizioni più ricche e concorrenziali degli ultimi anni, che si è tenuta lo scorso 2 marzo, “Her” è ambientato in un futuro a noi molto vicino, e forse anche uno dei più realistici mai visti prima sul grande schermo. Un domani presente, concreto e affatto distante da quello che, in un paese moderno e civile, ci si potrebbe davvero aspettare di vivere da qui a qualche decennio.
Protagonista di questo “nuovo”, brillante, futuristico e futuribile mondo è Theodore (Joaquin Phoenix), un uomo sensibile e solitario che giorno dopo giorno tenta di sopravvivere alla fine del suo eppur felice matrimonio, che però, come spesso accade, non ha resistito alle pieghe del tempo e alle trasformazioni individualistiche della coppia che, pur crescendo insieme, si è via via allontanata. Questo bisogno di distaccarsene è certamente messo a dura prova dalla sua professione. Theodore infatti di lavoro è l’uomo delle lettere. Non quello che le consegna, come ad oggi si potrebbe pensare, ma colui che le scrive. Per gli altri. E le sue sono sempre parole di grande comprensione, d’amore, di affetto o anche solo di profonda amicizia, ma che comunque rappresentano e simboleggiano dei profondi legami tra esseri umani. Incastrato in questa sua solitudine silenziosa, si imbatte un giorno in una pubblicità, elegante e discreta - proprio come Jonze immagina quelle prossime venture - di un sistema operativo di ultima generazione: «un software intuitivo, che ti ascolta, ti capisce e impara a conoscerti». Insomma tutto ciò che non ti aspetti da un dispositivo elettronico che dovrebbe solo aiutarti a tenere in ordine la vita digitale fatta da mail, file, siti web e quant’altro… E difatti quale altro sistema operativo ti farebbe delle domande personali quali “come ti senti oggi?”, “come stai?” o simili, al momento dell’istallazione? O addirittura si sceglie il nome che pensa possa rispecchiare i tuoi gusti? Ma è ovvio: il software del futuro! In un domani, per l’appunto, non molto distante dall’oggi, in cui il più delle relazioni, pur sempre umane, già si svolgono proprio tramite congegni elettronici, quali telefonini, computer o altre piattaforme digitali. Ma Samantha - questo il nome selezionato dall’iOS di Theodore - è molto, molto di più. O meglio, nel tempo, da semplice assistente operativa (con la voce di Scarlett Johansson nella versione originale, talmente credibile da essersi aggiudicata il premio come miglior interpretazione femminile al Festival Internazionale del Film di Roma, e doppiata invece in lingua italiana da Micaela Ramazzotti) diventa la confidente, amica e compagna del suo stesso possessore. Per l’appunto: “her”, sua. Ma in un modo che va ben oltre il concetto di appartenenza fisica come potrebbe essere e difatti è per un qualunque oggetto, che in questo caso si fa piuttosto soggetto, con la esse maiuscola, quella propria di Samantha.
Un rapporto intimo grazie al quale, sebbene ai più - siano essi amici di Theodore facenti parte della narrazione, o spettatori dall’altro lato dello schermo - possa sembrare incredibile, finanche assurdo, entrambi crescono, cambiano e modificano se stessi e il modo in cui guardare il mondo, proprio quello che li accoglie e si trasforma insieme a loro. Una storia d’amore moderna, tra uomo e macchina, che spesso i più allarmisti o visionari hanno già predetto come possibile ma che per la prima volta prende realmente forma. Una forma umana, lontana anni luce da quella freddezza altrimenti ipotizzata, vicina (forse temibilmente) in maniera piuttosto credibile a quanto davvero potrebbe accadere. A noi, abituati, ormai, e di già, più a interazioni virtuali che reali. In un tempo in cui mandarsi una lettera d’amore - proprio come quelle che scrive Theodore - è diventata più una fantascienza remota, appartenente al passato, che un’abitudine comune, in questo presente ormai fatto quasi solamente di pixel, e pulsanti con la dicitura “invio”.
Un viaggio in un futuro moderno, reale e concreto, forse un po’ più pulito e colorato, come spiega lo stesso Jonze, dove tutto è semplice ma funzionale, con oggetti essenziali ma ben fatti. Racconta K.K. Barrett, lo scenografo che ha curato ogni minima sfumatura di questo quanto mai realistico “nuovo” mondo: «Il nostro non è un futuro duro e crudele, ma una realtà fatta di dettagli eleganti e personalizzati. Ovunque abbondano arte e confort», dove il design, ispirato al passato dona una nota di immortalità a tutta la pellicola, come quell’amore innovativo e moderno, forse anche inaspettato, eppure identico a mille altri nella storia dell’umanità. Dove protagonisti diventano non i soggetti che lo abitano, quanto la comprensione, la crescita comune, e soprattutto quelle mani, reali o virtuali che siano, che, strette insieme, si accompagneranno lungo il cammino della altrimenti ben più ardua vita.
Noemi Euticchio
10-03-2014

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