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Nonostante tutto: “Non buttiamoci giù”

Quarta trasposizione cinematografica per il celebre e prolifico autore inglese Nick Horby. Dal 20 marzo al cinema la storia rivista e corretta dal regista francese Pascal Chaumeil

 Finché morte non li separi. Martin, Maure-
 en, Jess, J.J. Sono quattro perfetti scono-
 sciuti che si incontrano proprio il giorno
 della loro morte. O almeno così dovrebbe
 essere. La loro fortuna, o sfortuna, è quella
 di aver avuto tutti quanti la stessa idea nel-
 lo stesso momento: suicidarsi. E cosa acca-
 de se tra tanti luoghi scegli il più celebre di Londra proprio nella notte più famosa dell'anno? Semplice: trovi la fila! Così come in un qualunque altro locale alla moda.
Il primo a voler commettere l'incauto gesto è Martin (Pierce Brosnan), ex presentatore televisivo di successo, ormai caduto in disgrazia dopo un'infelice scappatella con una ragazza che a suo dire sembrava ben al di là della maggiore età, ma che invece, in quanto minorenne, lo ha gettato in un mare di guai. Perso il lavoro, la fama e la famiglia, cos'altro gli rimane? Una scala. Quella che consapevolmente porta in spalla fino in cima al palazzo da lui designato: la Fleet Tower. Una volta su difatti, avendo calcolato da uomo razionale quale è la distanza tra parapetto e bordo dell'edificio, la posiziona, traballando non poco vi sale, avanza qualche passo, ed eccolo lì: di fronte solo il vuoto, e un salto, per arrivare al predisposto appuntamento con la morte. Ma qualcosa lo blocca. Un ripensamento? No, un sigaro. Che come la vecchia sigaretta del condannato trattiene Martin dal precipizio, quanto basta per udire in lontananza una voce sconosciuta che gli sussurra: «Non so come esprimermi. Ma...ha intenzione di tirarla per le lunghe?». A pronunciarla è una donna, sopraggiunta anch'essa sul terrazzo del grattacielo, con altrettante e chiare intenzioni suicide, in un dialogo che – in perfetto stile Nick Hornby – sfiora il surreale, quando lei, Maureen (Toni Colette), chiede all'uomo ancora sconosciuto, lì sospeso nel nulla, di avere in prestito la sua scala. Concordata l'intenzione e l'ordine di esecuzione del salto, e ristabilito l'ordine, ecco sopraggiungere però un'altra intrusa, che con tanto di rincorsa, si precipita verso l'ignoto. Colti di sorpresa, saranno i riflessi stranamente altruistici di Martin a bloccarla, anzi letteralmente a placcarla, a terra. La nuova arrivata è Jess (Imogen Poots), giovane, sfrontata e anche un po' pazzoide. Il suo mantra in merito è «Non mi sarei mai uccisa con delle pillole. Buttarsi da un grattacielo è molto, molto più figo». Ma al di là del fascino per la macabra poesia insita in quest'ultimo volo, le sue intenzioni sono dettate da una delusione d'amore. Una ragazza impulsiva, decisa più degli altri ad andare fino in fondo. Placato finalmente il suo olimpionico entusiasmo per il folle salto in lungo, si affaccia da dietro un altro personaggio: J.J. (Aaron Paul), l'uomo delle pizze, che nel tentativo un po' goffo di giustificare la sua presenza sul tetto con un'improbabile consegna, cede all'ovvio e ammette anch'esso il suo proposito.
Un prologo lungo sembrerebbe, che nel romanzo difatti più che confusa e breve introduzione diventa parte centrale dell'intero racconto, che altro non può che ruotare attorno a questi personaggi, in una parabola che da terra pian piano risale, fino a risollevare le collettive sorti. Messi alle strette da Jess infatti, i quattro – senza apparente giustificazione filmica – firmano un accordo in cui promettono di non uccidersi fino al prossimo 14 febbraio, altro giorno curiosamente propizio per la corsa al suicidio.
È solo da qui che si dispiega la vicenda, suddivisa in capitoli, che in maniera postuma spiega le motivazioni, reali o fittizie, di ciascuno di loro, deviando e distaccandosi visibilmente da quell'originale Nick Hornby, tanto cinico quanto pungente, che passo passo porta(va) il lettore ad immedesimarsi nei protagonisti, dando senso e forma ad una tragedia, abilmente plasmata dalle sue mani da scrittore, in un'arguta ed efficace commedia dove niente e nessuno è lasciato al caso. Sin dalla storia personale e privata che sottende all'incauto gesto di ciascuno, le cui motivazioni potrebbero, sebbene solamente quattro, coprire l'intero carnet dell'aspirante suicida medio.
E così come il loro trascorso narrativo anche la scelta del cast si dimostra quella vincente. Ogni singolo attore prende in mano il proprio personaggio e lo plasma al meglio, restituendo parte di quello spessore trasposto e perduto. Un passaggio che sebbene stimolante, non sempre si rivela vincente. O meglio ancora: quasi mai. Da “Altà fedeltà” a “About a boy” - detentore del più infelice destino – passando per “Febbre a 90°”, nessuno infatti è ancora riuscito a render giustizia all'inusitato talento del geniale e sagace autore inglese. Ed è qui che ci viene in aiuto proprio il titolo - almeno quello rimasto intatto - nel suggerirci cautamente: “Non buttiamoci giù”.
E avanti il prossimo...
Noemi Euticchio
20-03-2014

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