Sciopero Eni per chiusura petrolchimico
A Gela stabilimento fermo e in ventimila in corteo contro l’annunciato piano di revoca di 700 milioni di investimenti e 3.500 posti di lavoro. Con loro pure Camusso
In ventimila sono scesi in piazza a Gela per difendere la locale raffineria Eni e pro- testare contro l’annunciato piano dell’Eni: revoca di 700 milioni di investimenti con conseguenti 3.500 posti di lavoro, tra di- retto e indotto, che rischiano di essere cancellati da progetti di ridimensionamen- to. Al corteo anche Susanna Cmausso.
C’erano quindi non solo lavoratori e semplici cittadini alla protesta contro l’Eni, ma anche diverse rappresentanze istituzionali della provincia di Caltanissetta. In piazza quindi, oltre a Camusso, il segretario regionale della Cisl Maurizio Bernava, ma anche il vescovo di piazza Armerina monsignor Rosario Gisana, che nei giorni scorsi aveva inviato una lettera aperta alla diocesi chiedendo non tagli ma investimenti per Gela. Presenti anche i sindaci: quello di Gela Angelo Fasulo, il vicesindaco di Caltanissetta, i primi cittadini di Riesi, Sommatino, Niscemi.
Fiduciosa di una soluzione positiva sembra la leader della Cgil, Susanna Camusso: «Da Gela parte una richiesta precisa: mettere al primo posto il bisogno di difendere con le unghie e coi denti il lavoro che c’è e di crearne dell’altro. Non esiste un’idea di ripresa in questo Paese se non si parte dal lavoro». E a chi le dice che si rischia una nuova Termini Imerese, Camusso risponde: «Termini Imerese, sia per la Regione Sicilia, sia per il ministero dello Sviluppo economico, rappresenta l’incapacità di dare attuazione a un progetto di reindustrializzazione tante volte annunciato. Questo significa non avere un’idea di cosa farà questo Paese. L’industria è stata ampiamente ridimensionata. Non si può pensare che l’Eni abbandoni uno dei territori più infrastrutturali d’Italia, che per giunta sta in Sicilia, una regione che di solito si dice manchi di infrastrutture e di possibilità. A Gela una soluzione è possibile». |