Nel giardino di Rose
Al Teatro Kopò accadono avvenimenti divertenti e, così, l’ultimo spettacolo, prima della chiusura estiva, andato in scena dal 25 al 27 luglio, è stato tratto dallo spassoso testo di Stefano Benni, La Signorina Pavillon...
Commedia ritmica e arcastica. Un mondo apparente nasconde una modernità frena- ta dove nessuno si ferma più. Mondanità dai toni superbi e altezzosi, fanno si, co- munque, che la diversità crei mistero, sti- le e personalità non convenzionali.
Al Teatro Kopò accadono avvenimenti divertenti e, così, l’ultimo spettacolo, prima della chiusura estiva, andato in scena dal 25 al 27 luglio, è stato tratto dallo spassoso testo di Stefano Benni, La Signorina Pavillon. Lo scrittore, di per se, è esilarante, realistico e piacevole. Con la sua penna riesce a far immaginare situazioni paradossali e la chiave ironica è stata ben interpretata dagli attori.
La Signorina Papillon, messo in scena dalla compagnia Teatro di Parpignol è stato ben recitato da Sabrina Maggiani, Rose, Andrea Mosti, Millet, Priscilla Bertelloni, Marie Luise e Francesco Marchesi, Armand, il quale ha curato la regia.
Un palcoscenico ricco di tulle bianco al quale sono attaccate rose rosse di cartapesta. Due sedie. Un quaderno. Un cofanetto. E quattro protagonisti che si muovono all’interno del mondo incantato di Rose. Mille i significati nascosti, se ne scovano tanti se si è ben attenti al testo e soprattutto molto veloci a comprendere le dinamiche.
La storia è ambientata nel XIX secolo, vicino Parigi. I vestiti ne sottolineano il tempo. Ilari le contraddittorietà, la differenza tra dibattito, in cui tutti hanno ragione e conversazione, la mondanità scandita da toni assai superbi e altezzosi, donano al quadro generale ritmi incalzanti, risate tra il pubblico e dizione chiara e netta, ironica e cadenzata.
Il mondo utopico nasconde una modernità frenata dove nessuno è capace di fermarsi per farsi notare, essere al centro dell’attenzione e soprattutto non avere freni riguardo falsità e perfidia, anche da parte delle amiche, ad affossare qualità e capacità con la paura di essere superate da chi si crede sia meno sveglia e furba.
Rose Papillon è sintomo di purezza e scaltrezza, nel suo chiosco naturale vive e colleziona farfalle, le rinchiude nel suo museo di carta, animali, insetti e ascolta i suoni circostanti. E’ acuta osservatrice e sognatrice del mondo fuori di lei, ma Rose è diversa, controvento, e tale rimarrà.
I tre personaggi che le gravitano intorno sembrano fagocitarla nel loro intento di farle vivere il suo sogno, vivere a Parigi. Una gag esilarante che richiama le vecchie giostre di un tempo. Il poeta Millet e il militare Armand si contendono l’amore di Rose, dentro un duello divertente e pieno di verve.
Un quartetto che offre uno spettacolo assai ricco e gradevole, che andrebbe rivisto per coglierne ogni minima sfumatura e particolare. Sul finale la poesia prende vita. E’ la vita dei sogni. Di quelli che si vorrebbero realizzare e che devono trovare la loro strada per essere.
Se hai un sogno non dirlo, tienilo con te... |