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Le notti bianche. Un sogno rivelato

Dal romanzo di Dostoevskij l’onirico esce fuori dalla scatola magica. Sempre. Claudio Capecelatro affiancato, questo volta, da Patrizia Ciabatta...

 Altro spazio, altri movimenti scenici, altra
 prospettiva. Altre evocazioni. Suoni diver-
 si dalla precedente performance, un con-
 fronto con la visione dei sentimenti nel
 mondo attuale. Rinunce, incantesimi della
 notte e delle parole che fanno sognare
 l’amore in modo soave.
Dal romanzo di Dostoevskij l’onirico esce fuori dalla scatola magica. Sempre. Claudio Capecelatro affiancato, questo volta, da Patrizia Ciabatta ha debuttato l’11 novembre al Teatro San Genesio di Roma con il suo spettacolo Le Notti Bianche, fino al 23 del corrente mese, di cui né è anche regista.

Le differenze con la location de La Casa delle Culture saltano subito all’occhio. Il nuovo spazio scenico è più limitato, non di certo coadiuva l’idea di un parco. Il palco più alto del San Genesio induce ad una difformità di prospettiva rispetto alla precedente situazione e l’attrice, quasi a plasmarsi con Claudio Capecelatro, incontro di anime, di certo offre tonalità e recitazione che hanno ispirato altre emozioni. Celato è il messaggio del desiderio di piacere. La timidezza è burla di infelici comportamenti, i quali non sempre risultano idonei con le ragazze. Anche se poi alle donne piace la timidezza maschile. Il tipo originale è sempre impacciato, parla molto, si emoziona all’incontro della sua lei, Nasten’ka, nella quale spera.
Ognuno di noi anela al finale gradevole gioioso e felice dovuto all’amore, alla sua presenza.
Ma per aggrapparsi, forse, si perde di vista sé stessi. Si rischia di cadere. Trasfigurerei questa dolce storia poetica nei tempi moderni che delineano l’era glaciale dei sentimenti, fuga dalla realtà che tramite i sogni trova rifugio.
Seguire quel qualcuno in cui ci si avvolge, magari non amandolo veramente, non aiuta a plasmarsi con il vero sentimento. Quello che completa, quello intenso. Neanche paragonandolo all’infinito.
Solo da lontano e a distanza, come la lente di ingrandimento suggerisce, si osserva meglio.
Il cuore palpita di emozione. Si aprono i cuori. Viene così da chiedersi se la pedanteria faccia fuggire e spaventare.  Ciò che si impara è che non si può chiedere di essere amati, ma capita di innamorarsi e le aspettative e i programmi sono i primi a bussare e a far sognare. Ma armi letali possono spezzare, possono ricondurre alla dimensione precedente. La solitudine del futuro. Si richiede di essere solo sé stessi, non parlando con sublimi vocaboli come se si leggesse un libro. Molto probabile che questo possa essere il nucleo di tutta la vicenda che l’autore de Le notti bianche costruisce intorno al periodo dell'anno in cui la Russia del nord, inclusa San Pietroburgo, vive il fenomeno de le notti bianche ove il tramonto del sole avviene alle 22. Credo che l’insieme sia chiave per sfuggire dal futuro incerto, dove senza amore, ci si nasconde sempre. Ma, la riconciliazione con il proprio io, si potrà di certo vivere all’incontro con l’altra persona. Un riconoscersi al di là dei propri movimenti interni. Ciò che smuove e non si sa mai il perché. Gli altri sono chiavi e ognuno può donare. E’ sempre un ricominciare, come amare a distanza, benché non vivendo quell’amore negatosi, possa essere sofferenza paragonabile alle scelte fatte. Non si troveranno mai risposte, ma mai perdere i propri sogni, la propria cognizione, l’ascolto del proprio cuore. Anche se il mondo, freddo, offre dinamicità e dispersione nei rapporti, gioia e felicità fanno si che il cuore palpiti di continuo. Mai perdersi di vista mediante l’attenta osservazione del mondo circostante. Si vive all’interno delle scene di Andrea Croci. La panchina e il lampione che si illumina, elementi danzanti, si legano alle musiche leggere e, le videoproiezioni, illustrazioni a cura di Norberto Cenci, scorrono alle spalle dei protagonisti. A ogni stato d’animo la sua dimensione, il suo quadro colorato o in bianco e nero, rievocando Chagall. Le voci fuori campo di Svetlana Trofanchouk e Igor Grtcko rappresentano i personaggi di cui si racconta nella narrazione.
Un testo indicativo per ricordare a tutti che c’è sempre una via di uscita per ricominciare e rincorrere la vita anche se dura e faticosa. E forse Fedor Dostoevskij ha precorso i tempi, sebbene la poetica del testo guida al sentimento più puro da poter vivere.

Annalisa Civitelli
17-11-2014

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