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#salvobuonfine in scena al Branaccino di Roma

La (mancata) accettazione della propria natura, la paura di essere diverso, l’assenza di comunicazione e l’incapacità di guardarsi dentro ed affrontare l’abisso: sono questi i temi portati in scena da Giancarlo Nicoletti con “#salvobuonfine”, in scena fino al 22 novembre al Teatro Brancaccino di Roma.
Salvo (Riccardo Morgante) è un giovane come tanti altri: vive solo con la madre (Valentina Perrella) in un appartamento borghese, frequenta le discoteche dove va a divertirsi e a rimorchiare ragazze, cerca lavoro e lo trova grazie alle conoscenze del genitore in una casa editrice dove lavora Lorenzo (Luciano Guerra), un caro amico della madre. Ma Salvo nasconde un segreto a tutti, compreso se stesso, e un’inquietudine di fondo che lo porta a compiere scelte deleterie. Giancarlo Nicoletti affronta il tema dell’omosessualità con un testo impegnato, che non lesina sorrisi e risate pur mantenendo una drammaticità costante che sfocerà con tutta la sua potenza deflagratoria nello straziante finale.
Il testo, che ha ricevuto numerosi riconoscimenti (vincitore del Premio alla Drammaturgia Contemporanea del “DO.IT”, Selezione all’XI Edizione del Premio “Dante Cappelletti”, finalista al “Nuovo Premio Teatro Traiano”, finalista XI edizione premio nazionale drammaturgia "CTAS-Oltreparola") alterna momenti di leggerezza ed ironia affidati al personaggio di Dario (Alessandro Giova) a drammatiche occasioni di confronto scontro che coinvolgono i personaggi nei diversi tipi di relazioni umane: sentimentali (Salvo/Lorenzo – Anita/Enrico), amicali (Salvo/Clara – Lorenzo/Dario) e parentali (Salvo/Anita). Nonostante sia apprezzabile il tentativo di Nicoletti di affrontare e sviscerare queste complesse dinamiche umane, paradossalmente, il testo convince di più nei suoi momenti “da commedia” che in quelli drammatici dove la sensazione è che si calchi troppo la mano senza preparare adeguatamente prima il terreno; lo spettatore ha così la sensazione di perdersi dei passaggi degli snodi narrativi, al di là delle volute ellissi temporali previste dall’opera. Peccato, perché in due ore di spettacolo si avrebbe avuto tutto il tempo per riempire questi “buchi” concentrandosi sulla storia principale senza superflue divagazioni, sebbene apprezzabili nelle intenzioni. Sul discorso dell’influenza della società e della sua responsabilità nei confronti delle scelte individuali niente di nuovo ma un atto assolutamente necessario per illuminare un aspetto spesso lasciato in ombra, una denuncia imprescindibile.
Quello che più convince della messa in scena di “#salvobuonfine” allora sono decisamente le scelte registiche di Giancarlo Nicoletti, anche autore del testo, che divide il palco senza soluzione di continuità adottando la tecnica cinematografica dello split screen per mostrare le diverse vicende in cui sono coinvolti i suoi personaggi. La tecnica raggiunge l’apice sublime nel finale del primo atto in cui tutti i personaggi si “incontrano”: vicini e lontani, inconsapevoli della tragedia dietro l’angolo, i personaggi occupano simmetricamente la scena lasciando spazio all’avvicinamento simbolico dei due protagonisti che azzerano le distanze tra loro in un’onirica sinfonia amorosa.

Federica Larosa
16-11-2015


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