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No all'Alternanza, studenti in piazza

Studenti in piazza in tuta blu, come operai non pagati. Cortei e mobilitazioni in decine di città per chiedere più fondi per la scuola pubblica e l’edilizia scolastica

Cortei in 70 città venerdì dei ragazzi per protestare contro le degenerazioni dell'Alternanza scuola lavoro. In tuta blu, come degli operai (ma senza paga) o tirocinanti senza diritti, gli studenti sono tornati nelle piazze italiane a un anno dalle manifestazioni del 2016, 7 e 21 ottobre.

Lo sciopero, come accennato, è contro l'Alternanza scuola-lavoro e mettono sul tavolo questioni aperte: i soffitti dei licei storici che crollano, le borse di studio sempre inferiori ai richiedenti e il numero chiuso degli atenei. Spiega l’Unione degli studenti: «Oggi abbiamo convocato il primo sciopero dell’alternanza scuola lavoro. Chiediamo al Ministero dell’istruzione che fine abbia fatto lo statuto delle studentesse e degli studenti in alternanza scuola- lavoro e il codice etico per le aziende? Siamo stanchi di aspettare! - dichiara Francesca Picci, Coordinatrice nazionale dell’Unione degli studenti -. Come studenti viviamo sulla nostra pelle i disagi di questo modello di alternanza scuola- lavoro, noi siamo studenti, non merce nelle mani delle aziende».

«Siamo le studentesse e gli studenti che, per primi, hanno conosciuto le conseguenze della “Buona Scuola”. Siamo quelli a cui è stato raccontato che l’alternanza scuola- lavoro serve per la propria formazione e poi sono stati mandati a fare fotocopie e trasportare oggetti pesanti per ore. Siamo i ragazzi e le ragazze delle 200 e 400 ore obbligatorie che, da un giorno all’altro, sono stati presi per svolgere lavoro gratuito. Siamo gli studenti che devono pagarsi libri, trasporti, ed ora anche i percorsi di alternanza. Per completare le ore obbligatorie abbiamo dovuto sacrificare momenti di svago, parte della nostra estate, abbiamo dovuto studiare anche di notte pur di rimetterci al passo con tutte le materie. Tutto questo perchè qualcuno ha deciso per noi.Hanno deciso di usarci come carne da macello per grandi aziende, multinazionali ed enti diseducativi, hanno confuso la formazione pratica con lo sfruttamento della nostra manodopera gratuita. Intanto centinaia di lavoratori vengono licenziati, noi non impariamo nulla e a guadagnarci sono solo i grandi proprietari di quelle aziende. Allora noi quanto valiamo? Valiamo quanto gli sgravi fiscali che intasca chi ci utilizza? NO!».
13-10-2017


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