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ROMA: PETIZIONE PER RIAPRIRE L’OSPEDALE S. GIACOMO

Il Comitato Roma è comunità ha lanciato una petizione on line (https://www.change.org/p/roma-%C3%A8-comunit%C3%A0-riapriamo-il-san-giacomo-l-ospedale-di-san-camillo-de-lellis) per la riapertura del nosocomio romano, chiuso dal 2008, in modo da assicurare nuovamente l’assistenza sanitaria pubblica nel centro storico di Roma, il più grande d’Europa, dove fra residenti e lavoratori, gravita un bacino d’utenza di circa 500.000 persone, grande quanto la città di Reggio Emilia.

Ricordiamo che l’Ospedale San Giacomo venne chiuso con legge regionale n. 14 del 2008 dall’allora Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo e, dall’epoca, i pazienti sono costretti a ricorrere ai ben più lontani Policlinico Umberto I, Ospedale S. Spirito e Ospedale Fatebenefratelli all’isola tiberina, con rilevanti problemi di sovraccarico per questi nosocomi e gravi danni alla salute delle persone in caso di necessità di cure immediate, come a causa di infarti ed ischemie.

Alla petizione, che ha raggiunto in poco tempo oltre 1800 adesioni, ha aderito anche Fratelli d’Italia attraverso un accesso agli atti culminato in un’interrogazione ed un emendamento alla legge di bilancio regionale, purtroppo bocciato dall’attuale maggioranza di centro-sinistra, come ci ha dichiarato il Consigliere regionale On. Fabrizio Santori (Fdi) nel corso di questa intervista
(https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1345139962263282&id=621736287936990).

“Serve ancora l’Ospedale San Giacomo? Ci siamo resi conto di si”, ha affermato l’On. Santori, “Intanto ci sono tante persone affezionate a questa realtà ospedaliera che nel corso degli anni ha salvato numerose vite umane, è intervenuta su molte situazioni di emergenza sanitaria all’interno del centro storico e ha, inoltre, fatto nascere molti cittadini, avendo avuto un ottimo reparto di natalità. C’è quindi una reale esigenza per il territorio del centro storico e non solo per i residenti, ma per tutti coloro che vi gravitano – ambasciate, lavoratori, commercianti, turisti, partecipanti a manifestazioni, da ultimo il megastore della Rinascente appena aperto a Via del Tritone che attira migliaia di persone - i quali sono costretti ad intasare gli altri ospedali troppo lontani, con gravi disservizi per i cittadini.

Pertanto, chiederemo al nostro candidato Presidente alla Regione Lazio”, ha continuato l’On. Santori, “di inserire nel programma la riapertura dell’Ospedale San Giacomo e presenteremo a tal fine iniziative legislative, oltre ad una denuncia sia per gli sprechi accaduti nel corso di questi 9 anni ed i costi per la sorveglianza e custodia dell’immobile, lasciato in uno stato di totale degrado, sia per il suo mancato utilizzo.

E’ evidente che dobbiamo capire la situazione con la San. Im., che ha preso in gestione l’immobile, lasciato poi in abbandono, valutandone gli aspetti tecnico-giuridici, su cui chiediamo di darci una mano, perché vogliamo coinvolgere tutti in questa battaglia, comprese iniziative di fronte al San Giacomo, un Ospedale importante al centro di Roma che funzionava bene e che, inspiegabilmente, è stato chiuso!”.

L’accesso agli atti e l’interrogazione, di cui ci ha parlato il Consigliere regionale Santori, hanno ricostruito tutto l’iter che ha portato alla chiusura, iniziato con legge regionale n. 16 del 2001, la quale aveva disposto che la Regione costituisse una Società a prevalente capitale regionale, denominata “SAN.IM S.p.A.”, quale strumento per immettere liquidità nel sistema delle Aziende Sanitarie Regionali al fine di risanarne il deficit finanziario accumulato nella gestione sanitaria, con il compito esclusivo di acquisire beni facenti parte del patrimonio indisponibile delle aziende sanitarie locali, obbligando però al rispetto della destinazione d'uso (destinazione d'uso vincolata anche dal Decreto legislativo n. 502/92).

La medesima legge prevedeva, altresì, che la San. Im. S.p.A. concedesse contestualmente all'acquisto i medesimi beni in locazione finanziaria alle aziende venditrici, con facoltà a loro favore di esercitare, al termine, il diritto di opzione per il riacquisto della proprietà dei rispettivi beni al prezzo stabilito e cedesse tutti i crediti relativi alle suddette operazioni ad altra società di capitali, la Cartesio Srl, affinché provvedesse all'acquisto e alla successiva cartolarizzazione dei crediti acquistati entro il 31 dicembre 2003.

Il 28 giugno 2002 San.Im. ha acquistato dalle ASL e dalle Aziende Ospedaliere, operanti nel territorio laziale, 56 complessi ospedalieri, tra cui l’Ospedale San Giacomo, ad un prezzo pari a 1 miliardo e 949 milioni di Euro, stipulando contestualmente con le aziende venditrici contratti di locazione finanziaria trentennale degli immobili per circa 90 milioni l’anno – di cui 2 milioni per il San Giacomo - con opzione di riacquisto dei cespiti medesimi al termine degli stessi, ad un valore simbolico di 1 Euro.

Insomma, un’operazione di “sale and lease back” (anche se quest’ultima di solito viene stipulata per una durata inferiore della metà, ossia 15 anni), con cui si prevedeva il pagamento annuale del canone di locazione finanziaria ed anche l’accollo in capo alla venditrice delle spese straordinarie e ordinarie nonché di tutte le spese per utenze.

La compravendita era sottoposta a condizione risolutiva: gli immobili per i quali, entro il 31 dicembre 2003, San.Im non avesse pagato il prezzo d’acquisto, sarebbero automaticamente rientrati nella piena proprietà delle ASL.
San.Im ha, infatti, raccolto le risorse finanziarie necessarie al pagamento del prezzo d’acquisto mediante l’operazione di cartolarizzazione dei crediti derivanti dai contratti di affitto ed ha poi ceduto ad una società veicolo (la Cartesio Srl) i crediti vantati verso le ASL e le Aziende Ospedaliere per il pagamento dei canoni di affitto.

Cartesio Srl ha quindi emesso 5 tranche di titoli sul mercato dei capitali, utilizzando i proventi dell’emissione per pagare a San.Im. i crediti ceduti, per cui con tali risorse finanziarie San.Im. ha pagato alle aziende sanitarie il prezzo di acquisto degli immobili.
E così il cerchio si è chiuso.
Senonché, l’emissione di titoli da parte di Cartesio è stata realizzata per un importo inferiore al valore complessivo del patrimonio inizialmente trasferito, per cui alla data del 31 dicembre 2003 sono infatti rientrati nella proprietà delle ASL gli immobili non inclusi nella cartolarizzazione (7 unità).

In tutto ciò, la Regione Lazio si è fatta carico del pagamento dei canoni di affitto a Cartesio Srl in nome e per conto delle ASL, in virtù dell’accettazione di espressa delegazione di pagamento rilasciata dalle ASL, ed ha emesso mandato irrevocabile di pagamento al Tesoriere per il pagamento dei canoni.
Ma la storia non finisce qui.

In 6 anni, dal 2002 al 2008, si è passati dalla vendita della struttura alla sua chiusura,  anni in cui l’ASL e la Regione Lazio, ciascuno per quanto di competenza, hanno speso oltre 10 milioni di euro per lavori di ristrutturazione e di acquisto di strumenti radiologici, lavori ultimati in alcuni casi a meno di tre mesi dalla disposta chiusura, con alcune importanti attività, quali varianti in aumento dei prezzi, collaudo dei lavori, e pagamenti a saldo eseguiti post-chiusura, pur sapendo che sarebbe stato chiuso.

Come se ciò non bastasse, la struttura necessita di una costante custodia e sorveglianza per evitare atti vandalici o occupazioni da parte di terzi, che risulta affidata a società esterna ed il cui costo attuale grava sulla Asl, costo presumibilmente da supportare per l’intera durata trentennale del contratto di locazione trentennale, oltre al fatto che, per la residua durata della locazione finanziaria, appare presumibile che la struttura richieda ulteriori interventi manutentivi, come già accaduto tra il 2013 e il 2014 per il rifacimento del tetto di copertura, quindi ulteriore esborso di denaro senza alcun beneficio della collettività.

Tanto è vero che la Corte dei Conti, nella relazione annuale del 2009, riservava al San Giacomo un capitolo specifico, esponendo che “tutte queste sono criticità che devono far riflettere sulla opportunità di continuare a destinare risorse finanziarie aggiuntive, rispetto a quelle già necessariamente spese a suo tempo per mettere a norma l’edificio, senza che vi sia, neppure in prospettiva, un beneficio effettivo per l’utenza”.

Praticamente, l’organo di controllo contabile, rilevava l’inopportunità, vista la chiusura, di destinare ulteriori risorse economiche sulla struttura, in assenza di alcun beneficio per la collettività.
 “Con la sottoscrizione dell’operazione San. Im” - ha dichiarato l’assessore regionale al Bilancio Alessandra Sartore - “è stato cristallizzato per trent’anni il patrimonio immobiliare sanitario, ma non è possibile lasciare il San Giacomo bloccato per altri dodici anni. Richiede infatti importanti interventi di ristrutturazione, che possono essere individuati nell’ambito di forme di valorizzazione che tengano conto della storia e della tradizione dell’ospedale. Proprio per questo motivo ci stiamo confrontando con i principali detentori delle obbligazioni San. Im, per arrivare a un accordo che consenta lo svincolo del San Giacomo”.
Peccato però che, in sede di approvazione della legge di bilancio, l’emendamento presentato da Fdi sia stato bocciato.

“Non ci discosteremo comunque dalle originali finalità sociosanitarie, ad esempio si potrebbe ipotizzare la trasformazione in una residenza per anziani, come in tante città del nord Italia e del nord Europa, sempre nell’ambito pubblico. Non ci saranno alberghi”, ha proseguito l’assessore.

Ma Oliva Salviati, erede del cardinale Antonio Maria Salviati, che nel 1562 lo lasciò a Roma, non ci sta, perché la clausola testamentaria imponeva che rimanesse un ospedale: “Abbiamo mandato una diffida al presidente della Regione, al ministro degli Interni, al presidente del Senato Grasso e alla Corte dei Conti” afferma Salviati, che nel 2008 fece arrivare anche un appello a papa Benedetto XVI “per far rispettare il testamento e i vincoli della cartolarizzazione degli ospedali laziali. Non è possibile trasformare il San Giacomo in residenze per anziani pubbliche, perché, proprio in virtù del testamento e anche delle clausole di vendita alla San. Im, deve tornare ad essere un ospedale pubblico, il cui uso è stato sottratto ai romani in modo non legittimo. Oggi i pazienti gravi spesso vengono portati in elicottero alle terapie intensive dell’ospedale di Pisa perché a Roma non ci sono posti. Si pensi cosa potrebbe succedere in caso di un attacco di terroristi”.

Nel frattempo, l’Ospedale San Giacomo rimane chiuso e la popolazione del centro storico di Roma continua ad essere priva del suo nosocomio.

In conclusione, visto l’obbligo del rispetto della destinazione d’uso, Roma è comunità ha proposto da subito che:
a)    l'assesore regionale alla sanità ripristini subito  l'utilizzo ospedaliero dell' immobile del San Giacomo;
b)    Roma Capitale, che non ha utilizzato 54 milioni di euro stanziati dalla Regione, li impieghi per contribuire alla sua riapertura;
c)    venga organizzata a tal fine una manifestazione fuori dal San Giacomo, per la quale, nella suddetta intervista, il Consigliere regionale On. Santori (Fdi) ha già confermato l’adesione.
Luigi Piccarozzi
30-10-2017


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