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Lettera di Francesca Archibugi al poeta Pierluigi Cappello e l'omaggio di Lucia Mascino oggi sui canali social del Teatro di Roma

Francesca Archibugi omaggia con un ricordo il poeta Pierluigi Cappello, cui ha dedicato il documentario Parole Povere nel 2013. Il contributo introduce l’evento virtuale programmato nel palinsesto digital #TdrOnline, che vede protagonista Lucia Mascino oggi, venerdì 24 aprile (alle ore 16) sui canali social del Teatro di Roma (Facebook, Instagram, YouTube), alla riscoperta dei versi del poeta friulano con le letture tratte dalla raccolta Un prato in pendio.

Questa la lettera:

Cara Lucia,
Sono davvero contenta della tua idea di rileggere delle poesie di Pierluigi e leggerle a un pubblico speriamo vastissimo!
E’una cosa che fai per adesso, ma resterà agli atti, sono certa.  Pierluigi Cappello è un vero poeta, di quelli che resistono alle spettinate ‘des vagues’.
E’stato un amico speciale. Ne provavo anche un po’ di soggezione, perché era del tutto spoglio delle recite mondane alle quali ogni tanto ci tocca sottometterci.
Non apparteneva al mio mondo, al nostro mondo. E quando si stava con lui, era come guardarci dalla luna. Aria diversa, strabiliante. La vita poteva essere altro.
Ho fatto un documentario per raccontarlo, Parole Povere, come una delle sue poesie più belle.
Io, di Pierluigi, avevo letto il libro che aveva vinto il premio Viareggio,’Mandate a dire all’imperatore’.  Mi piace la poesia contemporanea, la seguo. In modo magari sempliciotto: se un libro vince il Viareggio, lo compro. Non sapevo niente di lui. Le sue poesie mi piacquero tantissimo.
Dopo un anno, il Mittelfest di Cividale, un festival musicale molto bello e importante, propone a Battista Lena, mio marito, e al suo quintetto un lavoro con Pierluigi. Come spesso capita, Battista ha conosciuto la poesia di Pierluigi attraverso me che gli leggevo alcune poesie la sera prima di addormentarci. 
Alla prima poesia ha protestato, poi ha smesso. L’occasione di quel concerto era meravigliosa, non potevo perderla, volevo filmare, abbiamo organizzato tutto, cineprese, montaggio, produzione. Il documentario è nato così, come spesso accade, nell’aria di casa e per caso.
Mi ha dato la possibilità di stare molto in Friuli, di andare a Chiusaforte, di conoscere i suoi amici, i suoi luoghi, di sapere delle cose di lui anche intime. Marguerite Yourcenard sostiene che le domande non sono mai indiscrete, le risposte talvolta lo sono. Ci siamo regolati così. Potevo domandare tutto.
Siamo diventati amici. Ci siamo fatti tantissime risate. Abbiamo mangiato tantissimo frico, formaggio fritto, e bevuto molto vino friulano.
Parlarti delle poesie, non so farlo. Penso che vadano lette, o ascoltate da te che le leggi. So solo che sembrano semplici, ma la semplicità è un punto d’arrivo e non di partenza. Pierluigi era un uomo coltissimo che conosceva la poesia profondamente, i segreti e i metri, la storia e l’evoluzione. Le sue poesie hanno una grandissima perizia tecnica ma che è impossibile avvertire, perché la vita che raccontano è così anomala, veritiera eppure sconosciuta, che ti scordi delle parole esatte e levigate. Perdono il concetto stesso di parola e si fanno impulso psichico. Qualcosa che viene prima dell’immagine. Prima del sentimento. Prima del linguaggio.
Posso parlarti di lui e cercherò di non essere smielata.
Frettolosamente viene definito “il poeta paraplegico” e questa definizione mi fa venire le bolle.
Pierluigi era un poeta e lo sarebbe stato anche se avesse potuto vincere tutte le maratone. Su di lui si tenta sempre di fare folklore pietistico e questo non è solo ingiusto, è offensivo.
Nel suo stare spesso recluso, dentro casa, una quarantena permanente, non c’è troppa assonanza con quello che possiamo vivere in questo momento. Pierluigi era fermo ma il mondo si muoveva e veniva a rendergli omaggio nel container da terremotato in cui ha vissuto per anni e anni. Come fosse un imperatore. Non era immobilizzato e imprigionato, era l’uomo più libero che abbia conosciuto.
Nell’ultimo periodo, quando stava male, mi leggeva le filastrocche per Chiara, la figlia del fratello, al telefono. È l’ultimo ricordo che ho di lui. La sua voce e dei versi allegrissimi. Adesso forse avremmo fatto una videochat e magari l’avrei conservata per i giorni in cui mi manca di più.
Ti mando un grande bacio, e leggi bene come sai fare.
Francesca
24-04-2020

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