199.414 contagi, 26.977 morti e 66.624 dimessi
Possibile rientro in proprio domicilio anche dall'estero. Le misure nella bozza del Dpcm. I vescovi contro Conte: senza messe violata libertà di culto
Dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus, sono almeno 199.414 le persone che hanno contratto il virus Sars-CoV-2 in Italia (+1.730 in più rispetto a ieri). Di queste, 26.977 sono decedute (+333) e 66.624 (+1.696) sono state dimesse. Attualmente i soggetti positivi dei quali si ha certezza sono 105.813. I pazienti ricoverati con sintomi sono 20.353; 1.956 (-53) sono in terapia intensiva. I dati sono stati comunicati in conferenza stampa dalla Protezione civile.
In Lombardia, dall’inizio dell’epidemia, sono risultate positive 73.479 persone (+590). Di queste, sono decedute 13.449 persone (+124) e ne sono guarite e dimesse 48.471 (+1.409), i ricoveri in ospedale sono 7.525 rispetto agli 8.489 di ieri (-956), quelli in terapia intensiva 680 (-26). La provincia più colpita è quella di Milano: i casi sono passati a 18.559 (+188).
Sulle mascherine «tenderei a ribadire l’obbligo» in una nuova ordinanza regionale «ma è chiaro che vorrei avere garanzie dalla Protezione Civile sulla fornitura delle mascherine per tutta la popolazione». A dirlo in mattinata è il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, in collegamento a SkyTg24. L’attuale ordinanza della Regione valida fino al 3 maggio prevede l’obbligo di coprirsi naso e bocca «ogniqualvolta ci si rechi fuori dall’abitazione».
Oscurati dal Reparto Operativo del Nas quattro 4 siti web su server esteri e con riferimenti finti, sui quale si faceva pubblicità e vendita anche in lingua italiana, di medicinali sottoposti a particolari limiti ma proposti anche come terapia anti Covid-19. I Nas raccomandano di diffidare nell’acquisto di farmaci sui siti non autorizzati e privi di logo del Ministero della Salute, «pericolosi per la salute se non prescritti su valutazioni mediche».
Sul fronte dei controlli, sono state 8mila le persone denunciate domenica per il mancato rispetto delle restrizioni. In totale, nel weekend sono stati circa 17.500 i trasgressori sanzionati alle forze dell’ordine. Nella giornata di ieri in 7.939 sono stati denunciati per spostamenti non legittimi, 41 per false dichiarazioni e 5 per violata quarantena. Sono state 241.968 le persone controllate, mentre gli esercizi commerciali monitorati sono stati 73.624: 106 i titolari denunciati, 21 le attività chiuse. I numeri sono del Viminale.
Non sono soggetti all'obbligo di mascherine i bambini al di sotto dei sei anni, nonché i soggetti con forme di disabilità non compatibili con l'uso continuativo della mascherina. Lo prevede il Dpcm sulla fase due (vedi in fondo all'articolo) che conferma l'obbligo di mascherine «nei luoghi confinati aperti al pubblico inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire il mantenimento della distanza di sicurezza".
Sempre secondo il Dpcm per la "fase due", resta possibile rientrare dall'estero in Italia per incontrare i congiunti o per rientrare nel proprio domicilio o residenza. Gli italiani che rientrano in patria, al momento dell'arrivo, dovranno comunicare i motivi del viaggio, l'indirizzo completo dell'abitazione o della dimora in Italia, il mezzo di trasporto privato che verrà utilizzato per raggiungere la stessa e il proprio recapito telefonico.
Dal 4 maggio, nella fase 2 dell'emergenza coronavirus, saranno permessi i funerali, sempre in forma ristretta e con mascherine e distanze, ma ancora non c'è il via libera alle messe. Il no alle celebrazioni ha provocato una dura nota della Cei. «I vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto». E sottolineanno: «Perché mai, con le dovute precauzioni, si potrà andare in un museo e non a messa?». La Cei ha bisogno di mettere «un punto fermo», spiegano nella segreteria della conferenza episcopale. «Per quaranta giorni» - compresa la Settimana Santa di Pasqua - i vertici della Cei hanno tenuto duro, «per senso di responsabilità», nonostante le pressioni che con il passare delle settimane venivano «dal territorio», fedeli, parroci e vescovi. Al governo, la Chiesa italiana aveva chiesto «un ritorno graduale alla vita comunitaria» a partire dal 4 maggio: la possibilità di celebrare i funerali «con i parenti stretti», e lo stesso per battesimi o matrimoni; e un ritorno alla celebrazione delle messe con i fedeli a cominciare da quelle feriali, poco frequentate, o magari prevedendo una sorta di numero chiuso la domenica, «una ventina di fedeli, per dire», sempre rispettando tutte le precauzioni e le distanze. «Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità - dare indicazioni precise di carattere sanitario - e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia». Di qui la conclusione: «I vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale». |