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Now, here, nowhere: il romanzo di esordio di Alex Infascelli

Un racconto dal quale è difficile sganciarsi. Uno scrigno pieno di sorprese che potrebbe benissimo ispirare un film. Rivelandosi tutt’altro che banale e tutto da scoprire...

Ora, qui, da nessuna parte. Sarebbe stata un’impresa, per Alex Infascelli, accogliere un titolo migliore per il suo primo romanzo (di formazione). Edito da HarperCollins, “Now, here, nowhere” (223 pagine, 18 euro) è un racconto intimo e asciutto, senza troppi fronzoli: quello della sua avventurosa e tortuosa giovinezza negli States (“mi chiedo quale sia il segreto di questo luogo dove tutto è possibile, costantemente mutabile”), tra Los Angeles e Seattle. Un respiro trattenuto troppo a lungo, come lo ha definito lo stesso pluripremiato regista e sceneggiatore romano, classe 1967, che ha firmato pellicole come “Almost Blue” (2000), “Il siero della vanità” (2004), “H2Odio” (2004) e documentari come “S Is for Stanley” e “Mi chiamo Francesco Totti”, rispettivamente del 2015 e 2020. Una narrazione che non ammette pause, densa (ma chissà quanto altro è rimasto fuori) e non paludata, un fiume in piena lungo il quale Infascelli non fa alcuno sconto a se stesso, né si risparmia raccontando di amicizia, solitudine, musica, sesso, alcol ed eroina, quella che “ha una particolarità magica, direi: quando smetti di cercarla, è lei a trovare te” (dal 2001 Infascelli, il cui terzo documentario in uscita è “Kill me if you can”, è impegnato a portare un messaggio di recupero dalle dipendenze).

Ma facciamo un ulteriore passo indietro. Precisamente a quando Alex ha 18 anni, i capelli biondo platino, suona in un gruppo ed è dedito in tutto e per tutto alla musica (il cinema per lui arriverà parecchio tempo dopo, investendolo come un tir). È ossessionato da band come The Doors, Guns n’ Roses, Jane’s Addiction – quest’ultimi, per lui, saranno tutt’altro che una band dall’ascolto fugace –, ragione per cui quando Cristina, la sua fidanzata di allora, perde la madre e deve trasferirsi dal padre nella Città degli Angeli (“ha l’odore dello zucchero e della benzina, un po’ tropicale un po’ chimica”), Alex decide subito di seguirla (“mentre tocco terra, sento che voglio un nuovo inizio perché ho il cuore che mi fa male”), abbandonando il Belpaese (“erano anni ormai che pensavo di andarmene, per tante ragioni. Ero triste, avevo una stranissima malinconia, uno spleen che mi inseguiva da quando ero ragazzino. Sentivo che questo paese non aveva niente da offrirmi, ero venuto alla luce qui, ma ero stato generato da un’altra parte”).

Certo, a quell’età non è poi così difficile inseguire un amore, ma qui c’è – soprattutto – l’opportunità di trovare un luogo, lontano da Roma, a cui appartenere in modo viscerale, contrastando la tremenda sensazione di non sentirsi a proprio agio nella città natale. Non può in alcun modo pensare che il volo intercontinentale che si accinge ad affrontare farà da ponte, in qualche modo, al passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Un salto nel buio e senza paracadute (“perdere ogni singola cosa tu abbia mai avuto”, citando “Nowhere” dei Therapy?). Paura e delirio a Los Angeles: siamo nel 1988, Alex ha 21 anni, e si trova in una centrifuga ben distante dall’ovattata capitale: svolgerà tanti (e differenti) mestieri, dal venditore telefonico (“per arrivare a essere un venditore devi passare per questo inferno, devi sfondarti la schiena come dialer, cioè uno di quello che fa le liste”) al tecnico del suono, cambierà più di una casa, suonerà in differenti band – è stato sul punto di diventare il batterista dei Pearl Jam di Eddie Vedder –, si sposerà a Las Vegas (“tutti i matrimoni si fanno a Las Vegas, inclusi quelli veri”), verrà arrestato un paio di volte.

E, soprattutto, scoprirà grazie a un’indovina che, se anche la musica aveva rappresentato il suo primo amore (“il cinema era morte e la musica era vita”), il destino che lo attenderà è nel cinema (“Alessandro, tu devi raccontare. La tua missione in questa vita è raccontare storie”). In queste montagne russe che sono diventate la sua vita, tra occasioni trovate o mancate e svolte (im)possibili, Alex incontrerà tutti i miti di quegli anni – da Prince, a Matt Groening (il papà dei Simpson, Futurama e Disincanto), da Perry Farrell a Courtney Love al suo fidanzato, il messia che un’intera generazione stava attendendo: Kurt Cobain, leader e voce struggente dei Nirvana (“Poi d’improvviso, suona una sveglia, rumorosissima, che scuote tutta l’America, e fa così: Hello hello hello, quanto mi sento giù”.

Ironico e brutale – ebbene sì, questi due approcci possono coesistere – “Ora, qui, da nessuna parte” è un racconto dal quale è difficile sganciarsi. Uno scrigno pieno di sorprese che potrebbe benissimo ispirare un film. Rivelandosi tutt’altro che banale e tutto da scoprire. Proprio come lo stesso Infascelli.
M. C.
16-10-2022


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