Lo sport saluta Pizzul, icona del giornalismo
La voce che commentato per 16 anni le partite degli Azzurri, ma ha avuto la sfortuna di non vederli mai trionfare, è morto all'ospedale di Gorizia a 87 anni tra pochi giorni
E' morto oggi, pochi giorni prima di compiere 87 anni, Bruno Pizzul, voce indimenticabile che per decenni ha accompagnato gli italiani nel racconto del calcio. Il decesso all'ospedale di Gorizia. Originario di Udine, dove era nato l'8 marzo 1938, Pizzul intraprese la sua avventura in Rai nel 1969. L'anno successivo arrivò la sua prima telecronaca, commentando lo spareggio di Coppa Italia tra Juventus e Bologna, primo passo di una carriera destinata a fare la storia.
Dal Mondiale del 1986 divenne la voce ufficiale della Nazionale, raccontando con la sua inconfondibile maestria cinque Campionati del Mondo e quattro Campionati Europei, fino al suo congedo nell'agosto 2002 con la partita Italia-Slovenia.
Oltre alle telecronache, Pizzul si distinse anche come conduttore, guidando programmi storici come Domenica Sprint e la Domenica Sportiva. Un dettaglio curioso che lo rendeva ancora più umano: non aveva mai conseguito la patente di guida e si spostava spesso in bicicletta, simbolo di una semplicità che lo contraddistingueva anche fuori dal mondo dello sport.
Bruno Pizzul, scomparso all'ospedale di Gorizia alla soglia degli 87 anni, non era semplicemente un telecronista. Era la colonna sonora delle emozioni calcistiche di intere generazioni di italiani. La sua carriera sembrava già tracciata: laureato in giurisprudenza, insegnante di materie letterarie a Gorizia. Eppure, il destino aveva in serbo per lui tutt'altro percorso. Un concorso della Rai, quasi per caso, lo portò nel mondo del giornalismo sportivo, dove la sua voce calma e misurata avrebbe presto conquistato milioni di appassionati.
Pizzul era l'opposto del telecronista gridato e concitato. La sua sobrietà era il suo marchio di fabbrica. Celebri le sue espressioni come "Tutto molto bello" o "Partiti!", che sono entrate nel vocabolario calcistico nazionale. Ha raccontato cinque Mondiali e quattro Europei, accompagnando gli italiani attraverso vittorie, sconfitte e momenti indimenticabili.
La sua eco va ben oltre il calcio. Politici, sportivi, colleghi hanno ricordato la sua umanità e professionalità. La presidente Meloni lo ha definito "voce storica del calcio italiano", mentre il governatore Fedriga ha sottolineato il suo legame profondo con il Friuli Venezia Giulia. L'ultima partita commentata, Italia-Slovenia nel 2002, chiuse un'era. Ma il suo ricordo rimane vivo nei cuori di tutti coloro che hanno ascoltato le sue telecronache, un racconto poetico dello sport che va molto oltre il semplice risultato. |