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Consip, anche Woodcock indagato con Scafarto

Venerdì Renzi all'attacco dopo le ultime rivelazioni sullo scandalo. E a un evento del Foglio a Milano sottolinea: «Verrà colpito chi ha tradito il senso dello Stato»

Il pm di Napoli Henry John Woodcock, primo titolare del fascicolo sul caso Consip è accusato dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi non soltanto di rivelazione del segreto istruttorio in concorso con la giornalista Federica Sciarelli, sostenendo che sia stato il regista della fuga di notizie di dicembre, ma anche di falso in concorso con l'ex capitano del Noe (da pochi giorni maggiore) Gianpaolo Scafarto.

L'ipotesi degli inquirenti è che la manipolazione dell'informativa chiave dell'indagine, quella che aggravava la posizione di Tiziano Renzi, padre dell'ex premier, e nella quale un'intera sezione era dedicata al coinvolgimento dei servizi segreti (risultata del tutto falsa), sia stata anche opera del magistrato. Alla base dell'accusa, però, ci sono proprio le dichiarazioni del militare che, davanti ai pm di Roma, cercava di difendersi.

E non si placano le polemiche anche intorno ai carabinieri e al capitano Ultimo, al secolo Sergio De Caprio, lo stesso che arrestò Totò Riina. A tirarlo in ballo, assieme con l'ufficiale del Noe da poco promosso maggiore Gian Paolo Scafarto, è la procuratrice di Modena Lucia Musti. La pm Musti, stando alle ultime rivelazioni di stampa, a luglio ha raccontato al Csm di quei due militari che si ostinavano ad anticiparle l'esito dei loro accertamenti con toni da «esagitati»: «Dottoressa, lei se vuole ha una bomba in mano, lei può farla esplodere. Scoppierà un casino. Arriviamo a Renzi». Così le avrebbe parlato nel 2016 Scafarto, prima di finire sotto indagine a sua volta per falso e violazioni di segreto nell'inchiesta Consip. Accuse simili vengono mosse contro De Caprio, il quale però esce allo scoperto: «Non ho mai svolto indagini per fini politici», e parla di «una campagna di linciaggio mediatico». «Non ho mai spinto la Musti a compiere azioni illegali né l'ho mai forzata. Abbiamo sempre eseguito le indagini che ha richiesto con lealtà. Non ho mai parlato di Renzi né con la dottoressa né con altri», ha assicurato il colonnello sottolineando anche di non «aver mai avuto esaltazioni o esagitazioni» in seguito alle indagini svolte, neppure quando ha arrestato Riina.

Venerdì era toccato a Matteo Renzi passare al contrattacco: «Se un Carabiniere falsifica prove, se un agente dei servizi segreti si intrufola dove non dovrebbe e c'è chi usa un presunto scandalo contro un esponente delle istituzioni, la verità prima o poi arriva. Hanno provato a colpire me ma verrà colpito chi ha tradito il senso dello Stato». Il segretario del Pd è intervenuto nel pomeriggio a un evento del Foglio a Milano. «Lo scandalo Consip è nato per colpire me, finirà per colpire chi ha falsificato le prove contro il presidente del Consiglio. Non abbiamo niente di cui vergognarci. La verità viene fuori e finirà per colpire chi ha tradito il senso dello Stato». «C'è un giudice a Roma e ci fidiamo del giudice. Piena e totale fiducia nel lavoro della procura e di quel giudice». «Pretendiamo che la verità venga fuori», dice poi l'ex premier. E spiega: «Complotto? Non è una parola che ho mai utilizzato né utilizzerò adesso. Non dimentico di essere un esponente delle istituzioni, sono il 27esimo presidente del Consiglio in Italia. Esprimo innanzitutto stima verso l'Arma dei Carabinieri nella quale ci sono personalità straordinarie che meritano il rispetto di tutti gli italiani, salvo casi anche recenti di cronaca, stima assoluta. Stima e rispetto profondo per l'azione dell'intelligence italiana e per i magistrati, perché la stragrande maggioranza dei giudici italiani è fatta da persone di grande livello e servitori dello Stato cui va espressa gratitudine».

«In un momento in cui qualcuno non si comporta come avrebbe dovuto, chi è al centro di questa vicenda, deve innanzitutto esprimere rispetto per tutte le istituzioni a partire dal presidente della Repubblica. Non voglio usare il linguaggio della demagogia», chiosa Renzi. 
15-09-2017

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