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Appalti pubblici, nelle carte il nome di Lupi

Oltre 100 perquisizioni, 50 indagati e 4 arresti disposti dalla procura di Firenze nell’ambito dell’inchiesta sulle Grandi Opere. Coinvolto il supermanager Incalza

La Procura di Firenze ha disposto oltre 100 perquisizioni, indagando 50 persone e arrestandone quattro nell’ambito di un filone dell’inchiesta sulle Grandi Opere. Tra gli arrestati c’è anche l’ex super dirigente delle Infrastrutture Ercole Incalza, per quattordici anni ai vertici del ministero, con sette diversi governi e cinque ministri di ogni schieramento.

Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dalle prime ore di lunedì mattina a Roma e a Milano da parte dei militari dell'Arma che hanno anche effettuato in diverse regioni un centinaio di perquisizioni di uffici pubblici e sedi societarie riconducibili agli indagati. L'inchiesta del Ros e dei dei pm fiorentini Giuseppina Mione, Luca Tirco e Giulio Monferini ha portato anche agli arresti degli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza. Tra gli indagati anche dei politici che, stando alle prime indiscrezioni, non sarebbero "di primissimo piano", anche poi viene fuori il nome del ministro Lupi (che non è indagato). Nel mirino la gestione illecita degli appalti delle cosiddette Grandi Opere per quello che i magistrati definiscono un articolato «sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatari degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori».
Uno degli imprenditori arrestati vive a Firenze ed è titolare di una società di ingegneria impegnata in alcuni grandi lavori, come Tav Firenze, City Life e Fiera Milano, Metro 5 Milano, Fiera di Roma, Autostrada Salerno Reggio Calabria. L'inchiesta nasce dalle precedenti indagini sulle Grandi Opere e sul tunnel Tav di Firenze.

«Ercolino (Incalza, ndr)... è lui che decide i nomi...fa il bello e il cattivo tempo ormai là dentro...o dominus totale». Così un alto dirigente delle Ferrovie dello Stato e consigliere presso il ministero delle Infrastrutture, Giovanni Paolo Gaspari, il burocrate in una telefonata intercettata dal Ros il 25 novembre del 2013. Al telefono con Gaspari c’è quindi Giulio Burchi, allora presidente di Italferr Spa e  oggi anche lui indagato nell’inchiesta fiorentina. «Senza l’intervento di Ercolino, al 100% non si muove una foglia... si sempre tutto lui fa... tutto tutto tutto!... ti posso garantire... ho parlato con degli amici...». Anche parlando del bando di gara per l’incarico di collaborazione temporanea, poi vinto da Incalza, Gaspari sostiene che quel bando «naturalmente si adatta solo ad Ercolino. Cioè deve aver fatto il capo della struttura tecnica di missione per 10 anni sennò non può concorrere a fare il capo della struttura tecnica... hai capito?». E conclude: «Vabbè... non l’hanno capito che la gente si sta scocciando di tutte queste porcate e prima o poi farà casino».

Come accennato, il nome più in vista è quello del ministro delle Infrastrutture Lupi: per lui un vestito sartoriale e un Rolex da 10mila euro al figlio, Luca, in occasione della laurea, regali che gli arrestati avrebbero fatto, secondo quanto si legge nell'ordinanza del giudice anche per mano di Franco Cavallo, uno dei quattro arrestati che secondo gli inquirenti aveva uno «stretto legame» con Lupi tanto da dare «favori al ministro e ai suoi familiari». Ma non solo: «Stefano Perotti», l'imprenditore arrestato, continua l'ordinanza «ha procurato degli incarichi di lavoro a Luca Lupi», scrive il gip che annota inoltre che il 21 ottobre 2014, uno degli indagati, Giulio Burchi, «racconta anche al dirigente Anas, ing. Massimo Averardi, che Stefano Perotti ha assunto il figlio del ministro Maurizio Lupi».

Non ho mai chiesto all'ingegner Perotti nè a chicchessia di far lavorare mio figlio. Non è nel mio costume e sarebbe un comportamento che riterrei profondamente sbagliato», replica Lupi in una nota, precisando che il figlio lavora a New York dai primi di marzo. «Mio figlio Luca si è laureato al Politecnico di Milano nel dicembre 2013 con 110 e lode dopo un periodo di sei mesi presso lo studio americano SOM (Skidmore Owings and Merrill LLP) di San Francisco, dove era stato inviato dal suo professore per la tesi. Appena laureato ha ricevuto un'offerta di lavoro dallo stesso studio per la sede di New York», spiega Lupi. «In attesa del visto per lavorare negli Stati Uniti - prosegue - (un primo visto l'ha ricevuto nel giugno 2014, subito dopo il matrimonio, per ricongiungimento con la moglie che è ricercatrice in Italia e in America), ha lavorato da febbraio 2014 a febbraio 2015 presso lo studio Mor di Genova con un contratto a partita Iva per un corrispettivo di 1.300 euro netti al mese. Nel gennaio 2015 gli è stata reiterata l'offerta dello studio SOM, gli è quindi finalmente arrivato il visto e dai primi di marzo mio figlio lavora a New York». «Ripeto - conclude Lupi -, non ho mai chiesto nulla a nessuno per il suo lavoro, mi sembra, inoltre, dato il suo curriculum di studi, che non ne avesse bisogno».

Il caso diventa ovviamente politico. Da parte del governo e in particolare del ministero delle Infrastrutture «c’è la «massima disponibilità e collaborazione per accertare e verificare» dice lo stesso Lupi. «Siamo assolutamente convinti che in questo Paese si debbano realizzare le grandi opere che sono assolutamente necessarie e che debbano essere realizzate in tempi certi, nella maniera più trasparente e combattendo qualsiasi fenomeno di corruzione». «Stiamo lavorando con l’autorità anticorruzione per fare modifiche al codice degli appalti, stiamo intervenendo sulla figura del general contractor, stiamo rinnovando la funzione della struttura tecnica di missione presso il ministero» ricorda anche il ministro.

Nel pomeriggio i deputati del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Trasporti e Infrastrutture e Ambiente lo attaccano: «Più volte il Movimento 5 Stelle ha chiesto le dimissioni dell’ingegnere Ercole Incalza come capo della struttura di missione sulle Grandi opere. Ma la risposta del ministro Lupi è stata sempre la stessa: Incalza è l’uomo giusto al posto giusto. Adesso è la magistratura a spiegarci cosa volesse intendere il ministro». «Non importa che oggi, come sottolinea il ministro in un pronto comunicato stampa, Incalza non ricopra più ruoli pubblici. Lo sappiamo bene che da qualche mese è ufficialmente pensionato. Ma Lupi lo ha difeso quando era pluri-indagato. Quando solo la prescrizione lo salvava dalle indagini, quando le intercettazioni rivelavano il suo “impegno” per le Grandi Opere. Incalza in 14 anni ha attraversato indette sette governi. Ora il ministro dovrebbe fare un’unica scelta di dignità: dimettersi». Sul blog di Beppe Grillo, il capogruppo al Senato, Andrea Cioffi propone: «La miglior risposta del Parlamento a questo ennesimo scandalo deve essere l’immediata approvazione della nuova legge anticorruzione ferma da 2 anni in questo Parlamento nonostante le continue sollecitazioni del Movimento 5 Stelle che su questo argomento non si è mai tirato indietro con proposte, emendamenti e disegni di legge».

16-03-2015

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