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Siri, deciderà Conte: presto l'incontro

Il leader della Lega: «Si sciacqui la bocca chi accosta la Lega alla mafia». Di Maio: «Se non si dimette mi preoccupo». Il premier fa sapere che a giorni lo incontra

La spunta Salvini. Dopo circa quattro ore di un Consiglio dei ministri che voci provenienti da Palazzo Chigi hanno definito infuocato, il vicepremier e leader della Lega ottiene quanto aveva annunciato prima della riunione alle telecamere: lo stralcio di gran parte della norma Salva Roma dal decreto crescita, in particolare dei commi 2,3,4,5 e 6.

I commi stralciati dall'articolo del dl crescita sul Salva Roma disciplinano la possibile assunzione a carico del bilancio dello Stato degli oneri derivanti dal pagamento degli interessi e del capitale delle obbligazioni del Comune «attualmente inclusi nella massa passiva della gestione commissariale per il piano di rientro del debito pregresso della capitale». Gli oneri, si legge nella relazione tecnica all' ultima bozza del decreto, ammontano a 74,8 milioni annui dal 2020 al 2048 e sono posti a carico di un Fondo presso il Mef. La questione però non è finita martedì notte. Il M5S perde infatti in Cdm ma annuncia battaglia in sede di conversione di legge del decreto e avverte il leader della Lega che non farà sconti sulla vicenda Siri.

Al tavolo i ministri Alberto Bonisoli, Elisabetta Trenta e Barbara Lezzi, mentre Luigi Di Maio arriva alle 21, dopo aver registrato "diMartedì" e aver visto, dagli studi di La7, il suo alleato annunciare vittoria sulla norma Salva Raggi fuori dalla sede di governo. «La Lega è soddisfatta, i debiti della Raggi non saranno pagati da tutti gli italiani ma restano in carico al sindaco», esulta Salvini a fine serata, senza Di Maio alla riunone, innescando la miccia. «La norma è stata approvata a metà, con i commi 1 e 7. È un punto di partenza, sul resto decideranno le Camere», replicano fonti di governo M5S.

La sensazione, nei commenti del giorno dopo, è che la riunione di martedì notte abbia segnato un punto di non ritorno nelle relazioni tra Lega e Movimento. Le cronache raccontano del premier Giuseppe Conte su tutte le furie per le mosse di Salvini. «Non siamo tuoi passacarte», avrebbe detto il capo del governo al suo vice invitandolo ad avere rispetto per l'organo collegiale di governo. Ma ad alzare la tensione della riunione è stato però anche il caso Armando Siri. Il M5S pone la questione al centro delle battute iniziali del Cdm, mantenendo il punto sulla necessità che il sottosegretario leghista si dimetta. E mercoledì il clima diventa rovente.

«Se la Lega non c'entra niente con queste accuse che vengono mosse a Siri, e che, al di là dei rilievi penali, hanno dei problemi politici perché stiamo parlando di norme fatte per conto di qualcuno sull'eolico da un sottosegretario che si occupa di trasporti, dimostri la propria estraneità a questi fatti presunti allontanando Siri dal Governo. Perché altrimenti io comincio a preoccuparmi nel vedere la Lega e Salvini difendere a spada tratta Armando Siri. Visto anche quello che sta uscendo dalle intercettazioni, Siri deve mettersi in panchina e aspettare - attacca Di Maio -. Io e Matteo Salvini abbiamo fatto grandi cose insieme in questi primi mesi di Governo. Abbiamo anche rischiato processi, procedure di infrazione comunitaria e tanto altro e abbiamo fondato questo Governo sul rapporto di fiducia che si è concretizzato tra noi nella firma di quel contratto di governo. Ora quello che chiediamo sul caso Siri è un ulteriore atto di fiducia, perchè questa fiducia va rinnovata con i gesti concreti». «Non mi pronuncio, prima lo ascolterò. La mia posizione è innanzitutto ascoltare, ora non mi pronuncio, e chiederò al sottosegretario di condividere la posizione finale». Lo afferma il premier Giuseppe Conte a chi gli chiede, davanti a Palazzo Chigi, della sua decisione sul caso di Armando Siri.
24-04-2019

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